L'articolo 1.2 dello statuto della FIA impone ai piloti (inclusi quelli di Formula 1) di astenersi da discriminazioni legate a motivi di razza, colore della pelle, sesso, orientamento sessuale, origine etnica o sociale, lingua, religione, opinione politica, situazione familiare. Inoltre, la FIA riconosce la carta olimpica in toto e vieta qualsiasi tipo di manifestazione, qualunque siano i motivi che la sostengano.
Insomma, chi pratica sport, all'interno di una manifestazione sportiva, deve limitarsi ad interpretare esclusivamente il ruolo di sportivo.
Ma Lewis Hamilton la pensa diversamente. Così, quando la FIA ha dato il via libera alla protesta contro il razzismo, mentre gli altri piloti hanno indossato la maglietta "End Racism", il pilota inglese si è messo su quella con la scritta "Black Lives Matter", che indica un movimento politico ben radicato e conosciuto nella lotta contro il razzismo. E la FIA non ha detto niente.
Nell'ultimo gran premio che si è corso al Mugello, Hamilton ha indossato una maglietta con su scritto "Arrest the cops who killed Breonna Taylor" (Arrestate i poliziotti che hanno ucciso Breonna Taylor).
In questo caso la FIA ha storto il naso, dicendo che aveva notato la maglietta, alla stessa maniera con cui sottolinea i contati durante una gara prima di applicare una sanzione, ma senza però prendere alcuna decisione al riguardo.
E c'è da capire il perché, visto che Hamilton ha dichiarato di non avere la minima intenzione di smettere di approfittare della propria visibilità e di quella della Formula 1 per promuovere il suo sostegno alla battaglia contro il razzismo.
Ed anche la scuderia Mercedes, tramite il suo team principal Toto Wolff, ha dichiarato di sostenere Hamilton e qualsiasi iniziativa che lui decidesse di intraprendere in futuro nella lotta contro razzismo e discriminazione. Pertanto, anche nei prossimi gran premi vedremo Hamilton continuare a supportare la sua battaglia.