Per la Chiesa cattolica, la questione del genere o gender che dir si voglia è fondamentale. Per questo motivo è degna di essere riportata come notizia quella del rilascio del documento "Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell'educazione" i cui autori sono il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica, e l'arcivescovo Vincenzo Zani, segretario del Dicastero.

Qual è il problema che preoccupa la Chiesa?

Essenzialmente la preoccupazione che viene sottolineata nel riassumere le cosiddette teorie gender che si sono succedute nel corso del XX secolo: la separazione fra genere e sesso con una prevalenza del primo sul secondo.

Per la Chiesa se l'affettività tra i generi venisse slegata dal sesso, il concetto di famiglia basata sull'unione tra un uomo e una donna verrebbe meno. Da qui la necessità per la gerarchia cattolica di combattere questa idea, sia dal punto di vista culturale, educativo e legislativo.

Non siamo più ai tempi del Grande Inquisitore. Pertanto, la risposta della Chiesa alle teorie di genere è solo il documento sopra annunciato che vuole promuovere una "metodologia articolata nei tre atteggiamenti dell'ascoltare, del ragionare e del proporre", il cui contenuto si ispira al documento "Orientamenti educativi sull'amore umano. Lineamenti di educazione sessuale" del 1983, arricchito con citazioni di Papa Francesco, Benedetto XVI, San Giovanni Paolo II, ma anche del Concilio Vaticano II, della Congregazione per la Dottrina della Fede e di altri documenti.

Se da una parte la Chiesa invita ad una educazione che porti i bambini ad un comportamento differenziato in base al genere, dall'altra non dimentica la necessità di "rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione in modo che nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste".

Poi, da parte di Versaldi e Zani, si sottolinea il pericolo che "identità sessuale e famiglia finiscano per essere fondate su una malintesa libertà del sentire e del volere", mentre invece "il corpo è soggettività che comunica l'identità dell'essere".

Ad ulteriore dimostrazione di ciò è la procreazione derivante da una complementarietà fisiologica basata sulla differenza sessuale, "mentre il ricorso a tecnologie riproduttive può consentire la generazione ma comporta manipolazioni di embrioni umani, mercificazione del corpo umano, riduzione del bambino a oggetto di una tecnologia scientifica".

Quindi, non si può prescindere dal fatto che "l'uomo possiede una natura che non può manipolare a piacere, che il diritto-dovere educativo esercitato dalla famiglia non può essere totalmente delegato né usurpato da altri, che il bambino ha diritto a crescere con una mamma e un papà e che proprio all'interno della famiglia possa essere educato a riconoscere la bellezza della differenza sessuale.

Infine, il documento propone anche il rispetto delle diversità sulle questioni di genere e l'auspicio che lo Stato tenga conto, nella sua attività legislativa, della "legittima aspirazione delle scuole cattoliche a mantenere la propria visione della sessualità umana".