Oggi al Meeting di Rimini l’incontro su Benedetto XVI è stato seguito da un foltissimo pubblico, che ha dimostrato ancora un volta una grande gratitudine per Joseph Ratzinger il cui pensiero teologico è stato paragonato a quello di Sant’Agostino. I relatori hanno scelto di far parlare gli scritti, i gesti e i discorsi del teologo che è stato infine Papa e poi Papa emerito.
Andrea Bellandi, arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acerno ha detto: “Si chiedeva se fosse ancora possibile credere oggi: dove l’uomo vive nel mondo edificato su una propria interpretazione fisica e razionale del reale, verificabile e controllabile; dove la questione della presenza di Dio, fattore libero e operante nel reale, è priva di senso”. Ratzinger ne aveva rimarcato le conseguenze: l’uomo che cerca di esistere nel calcolabile resta soffocato, “vive in un edificio senza finestre dove si dà la luce da solo” senza essere in grado di rispondere alle domande fondamentali né di instaurare un dialogo con le culture nelle quali la dimensione religiosa è presente. Aveva invitato a investigare il fatto che fede e ragione cooperino alla ricerca della verità: la fede dialoga con la ragione aiutandola a non curvarsi su sé stessa. Che tipo di fede? “Non certo una fede ridotta a sentimento che al massimo può essere un analgesico per sopportare il mondo”.
La vaticanista Aura Miguel ha ricordato che Benedetto XVI diceva: “Nonostante tutte le ricerche scientifiche e tecnologiche la capacità di cogliere quello che veramente conta è data ai più piccoli”. Nel 2012, a 85 anni, scriveva che l’uomo porta in sé un misterioso desiderio di Dio e che tutti abbiamo bisogno di percorrere un cammino di purificazione: non si tratta di soffocare il desiderio nel cuore dell’uomo ma di liberarlo per fargli raggiungere tutta la sua altezza.
Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, ha riferito che un anno e mezzo prima della morte il Papa emerito aveva concesso un’intervista dove mostrava di smarcarsi dai cliché e dichiarava: “Il credente si interroga, deve ritrovare continuamente la realtà di questa fede dietro e oltre le realtà opprimenti della vita quotidiana. In questo senso il pensiero di una fuga nella dottrina pura mi appare assolutamente irrealistico”. Affermava che la fede rimane un cammino durante tutto il corso della nostra vita e perciò “è sempre minacciata e in pericolo e questo è anche salutare perché sottrae al rischio di trasformarsi in ideologia manipolabile, al rischio di renderci incapaci di condividere sofferenza del fratello che dubita”.
Tornielli ha rimarcato: “Attenzione, qui dice che i drammi, i dubbi, le ferite di chi non crede sono indispensabili alla nostra fede che deve sempre essere reimparata”. Sul fatto che la fede non è un’idea ma un incontro ribadiva: “La fede non toccherà i cuori con generici richiami ai valori cristiani. Il semplice enunciato del messaggio non cambia la vita: ciò che affascina è l’incontro con persone credenti”. Benedetto XVI avvertiva del rischio di secolarizzazione interno alla Chiesa: “Non di rado si dà così all’organizzazione e all'istituzionalizzazione un’importanza maggiore che essere aperta verso Dio e verso il prossimo. Per corrispondere al suo vero compito la Chiesa deve fare sempre lo sforzo di distaccarsi da questa sua secolarizzazione” e Tornielli ha sottolineato: “Papa Francesco direbbe mondanizzazione”.