Per chi avesse necessità, voglia e tempo di conoscere le considerazioni del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, sul quadro della finanza pubblica in Italia, può leggere il documento completo della relazione annuale

Per coloro che, invece, fosse sufficiente conoscere solo alcuni dei passaggi più importanti, queste le principali "sottolineature" estratte dalla presentazione del governatore della Banca d'Italia.

"Nel corso dei prossimi mesi, con il prosieguo della campagna vaccinale, vi potrà essere un'accelerazione della ripresa" ha detto Visco. "Secondo le nostre indagini più recenti le imprese stanno pianificando un deciso aumento degli investimenti e anche se le famiglie appaiono più caute, con la normalizzazione della situazione sanitaria e la riduzione dell'incertezza, l'elevato risparmio accumulato potrebbe gradualmente tradursi in maggiori consumi". 

A fine 2021 l'espansione del Pil potrebbe superare il 4%: "In alcuni paesi vi sono previsioni di un'espansione sostenuta dei consumi, dopo il freno dovuto alle misure restrittive dell'attività economica e i timori di contagio. In Italia, ad attese più prudenti da parte delle famiglie si associano piani di investimento delle imprese in sostanziale recupero. Una ripresa robusta della domanda nella seconda metà di quest'anno è quindi possibile". "La risposta delle politiche economiche deve continuare a essere coordinata e coerente; le misure di sostegno a famiglie e imprese andranno ritirate con gradualità e solo quando il miglioramento del quadro congiunturale si sarà sufficientemente consolidato e l'incertezza significativamente ridotta". 

Poi il governatore ha auspicato una riorganizzazione nella gestione del bilancio comunitario, approfittando dei passi avanti fatti con l'istituzione del programma Next generation che

"testimonia la consapevolezza del fatto che shock comuni richiedono l'utilizzo di uno strumento europeo in grado di affiancare la politica monetaria unica"."Una risposta congiunta può però essere necessaria anche nel caso di shock asimmetrici, per rafforzare le politiche nazionali laddove i margini di manovra siano ridotti o per integrarle se l'azione dei singoli paesi si mostra debole perché non considera le implicazioni che ne possono derivare per gli altri. Abbiamo spesso ricordato che per conseguire pienamente i benefici della moneta unica, per evitare passi indietro, non si può che procedere verso un'unione di bilancio, nella prospettiva di una vera unione politica, di diritti e doveri comuni per tutti i cittadini dell'Unione europea". Quindi, "bisogna costruire su quanto di buono è stato fatto durante questa emergenza e su quanto di buono era stato immaginato in precedenza con le proposte per muovere verso una genuina unione economica e monetaria. L'Italia ha la responsabilità di mostrare i vantaggi che possono venirne per tutti i paesi".

Poi Visco ha pensato bene di dover riportare l'Italia dai sogni alla realtà, parlando di debito pubblico, a causa del quale 

"non è pensabile un futuro costruito sulla base di sussidi e incentivi pubblici", aggiungendo: "Ci vorrà tempo per comprendere quali saranno, dopo la pandemia e nella transizione digitale e ambientale, i nuovi equilibri di vita sociale e di sviluppo economico. Siamo tutti chiamati a far sì che cresca e sia diffuso il benessere, siano adeguatamente protetti coloro che più saranno colpiti, chiari i costi da sopportare e progressivamente ridurre. È certo però che verrà meno lo stimolo, in parte artificiale, che oggi proviene da politiche macroeconomiche straordinarie ed eccezionali.Alla fine di quest'anno il rapporto tra debito pubblico e prodotto sarà prossimo al 160 per cento, un livello raggiunto in Italia solo all'uscita dal primo conflitto mondiale, di quasi 60 punti superiore a quello medio dell'area dell'euro. L'alto debito costituisce un'intrinseca fragilità: espone l'Italia al rischio di shock finanziari, crea un'incertezza di fondo che si riflette sugli oneri di finanziamento e scoraggia l'investimento privato",

ipotizzando infine che con bassi tassi d'interesse e un avanzo primario poco sopra l'1%, si potrebbe tornare al debito pre-Covid (cioè ai livelli del 2019) nell'arco di un decennio.


A conclusione, è sempre comunque  interessante ricordare quanto il debito pubblico possa pesare o meno su un Paese a seconda della convenienza politica più che tecnica che guida il giudizio degli istituti che ne indicano la sostenibilità.

Infatti, mentre l'Italia con il 166% di debito pubblico sarebbe un Paese a rischio default, il Giappone con il 268% di debito pubblico sarebbe invece un Paese che non desta preoccupazione. Questo perché solo il 10% del debito giapponese sarebbe in mano straniera, mentre quello italiano è posseduto da investitori esteri per oltre il 30%.

La cosa che non convince è che quando l'Italia aveva piazzato solo il 4% del proprio debito pubblico all'estero, anche in tal caso era un fatto negativo perché testimoniava che la Lira non era una valuta affidabile. Inoltre, se adesso banche e assicurazioni investissero in BTP diminuendo significativamente la percentuale di titoli in mano ad investitori stranieri, sarebbe ugualmente un problema perché qualcuno inizierebbe a sostenere che il sistema creditizio del nostro Paese sarebbe a rischio.

Quindi, ciò che vale per il Giappone, non vale per l'Italia. E grazie a ciò, ci sarà sempre il politico di turno che,  dopo essersi definito socialista almeno nell'animo o per nascita, ci spiegherà che qualsiasi investimento in Italia, a causa del debito pubblico, può essere fatto solo in favore dell'impresa privata (i soliti noti che adesso oltre che gli stabilimenti hanno iniziato a portare all'estero anche le tasse che prima pagavano in Italia), che, bontà sua (perché garanzie in tal senso non vengono richieste), potrà forse aumentare la propria forza lavoro che, in quel caso, verrebbe poi quasi del tutto rimandata a casa dopo qualche mese.