Comunicato Stampa - Roma 23 Gennaio 2022 - Caso degli abusi spinge alla riforma e alla riammissione dei preti sposati nella Chiesa   nel ministero. Il cambio del Diritto Canonico potrebbe essere innescato dal prossimo SinodoIl Movimento internazionale dei sacerdoti sposati plaude all'intervento del Card. Hollerich “Riguardo al celibato nella vita sacerdotale”, afferma il cardinale Hollerich, “domandiamoci con franchezza se un sacerdote debba essere necessariamente celibe. Ho un’opinione molto alta del celibato, ma è essenziale? Ho sposato diaconi nella mia diocesi che esercitano il loro diaconato in modo meraviglioso, fanno omelie con cui toccano le persone molto più fortemente di noi che siamo celibi. Perché non avere anche sacerdoti sposati?"


(Da askanews ecco il testo rilanciato dai media) Coinvolgere maggiormente le donne nella responsabilità della Chiesa. Cambiare la formazione del clero. Modificare il modo di concepire la sessualità. Il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea, affronta il tema degli abusi sessuali sui minori allargando lo sguardo sulle questioni di fondo che vanno affrontate per superare questa crisi maggiore della cattolicità.Hollerich, gesuita come il papa, ha rilasciato una lunga intervista al settimanale del quotidiano francese La Croix nella quale affronta i temi più disparati, dalla secolarizzazione alla strumentalizzazione del cristianesimo da parte della politica alle sfide poste al sinodo mondiale, voluto da Francesco, del quale il porporato lussemburghese è relatore generale.

Il tema degli abusi sessuali assorbe tuttavia una ampia parte dell’intervista poiché in Francia è stato recentemente pubblicato un rapporto sugli abusi sessuali avveuti Oltralpe negli ultimi settant’anni. “Quando vediamo le cifre del rapporto Sauvé, vediamo che non si tratta dell’errore di pochi”, afferma Hollerich intervistato dal giornalista Loup Besmond de Seneville. “C’è, in qualche modo, un errore sistemico, che bisogna rilevare”.

Se il problema è di sistema, la risposta dev’essere altrettanto sistemicha, spiega il porporato. Nell’arcidiocesi di Lussemburgo, spiega, “prima dell’ordinazione, sottoponiamo anche i seminaristi a otto sessioni psicologiche volte a rilevare la pedofilia. Stiamo facendo tutto il possibile, ma non è abbastanza. Abbiamo bisogno di una Chiesa strutturata in modo tale che queste cose non siano più possibili”.

Diversi i nodi toccati da Hollerich. Innanzitutto “se avessimo dato più voce alle donne e ai giovani, queste cose sarebbero state scoperte molto prima. Dobbiamo smettere di fingere che le donne siano un gruppo marginale nella Chiesa. Non sono alla periferia della Chiesa, sono al centro. E se non diamo voce a chi è al centro della Chiesa, avremo un grosso problema”.

In secondo luogo, “la formazione del clero deve cambiare”, afferma Hollerich. “I laici e le donne devono dire la loro nella formazione dei sacerdoti. La formazione dei sacerdoti è un dovere di tutta la Chiesa, e quindi tutta la Chiesa deve accompagnare questa tappa, con uomini e donne sposati e celibi”.

Bisogna poi “cambiare il nostro modo di vedere la sessualità. Finora abbiamo una visione piuttosto repressa della sessualità. Ovviamente, non si tratta di dire alle persone che possono fare qualsiasi cosa o di abolire la moralità, ma credo che dobbiamo dire che la sessualità è un dono di Dio. Lo sappiamo, ma lo stiamo dicendo? Non ne sono sicuro. Alcuni attribuiscono l’aumento degli abusi alla rivoluzione sessuale. Penso esattamente il contrario: secondo me, i casi più orribili si sono verificati prima degli anni ’70”. In questo ambito, peraltro, “è anche necessario che i sacerdoti possano parlare della loro sessualità e che noi possiamo ascoltarli se hanno difficoltà a vivere il loro celibato. Dovrebbero poterne parlare liberamente, senza timore di essere rimproverati dal loro vescovo. Quanto ai sacerdoti omosessuali, e ce ne sono molti, sarebbe bene che ne parlassero con il loro vescovo senza che quest’ultimo li condanni”.

“Riguardo al celibato nella vita sacerdotale”, afferma il cardinale Hollerich, “domandiamoci con franchezza se un sacerdote debba essere necessariamente celibe. Ho un’opinione molto alta del celibato, ma è essenziale? Ho sposato diaconi nella mia diocesi che esercitano il loro diaconato in modo meraviglioso, fanno omelie con cui toccano le persone molto più fortemente di noi che siamo celibi. Perché non avere anche sacerdoti sposati? E anche se un prete non può più vivere questa solitudine, dobbiamo poterlo capire, non condannare. Io, ora, sono vecchio – si schermisce infine il cardinale – questo mi preoccupa meno…”.

Di certo, la consapevolezza della gravità della pedofilia da parte di Hollerich è radicale: “Abusare di questi bambini è un vero crimine. E’ una colpa molto più grave che se un insegnante o un allenatore sportivo commettessero questi atti. Il fatto che questo sia stato tollerato per proteggere la Chiesa fa male. Abbiamo chiuso gli occhi! E’ quasi irreparabile”.

Il cardinale Hollerich parla della propria esperienza come giovane missionario in Giappone e della “crisi” che visse al confrontare la propria devozione tradizionale con una cultura così diversa: “Prima di poterla annunciare, dovevo diventare un cercatore di Dio”. Un esercizio di inculturazione che gli torna prezioso oggi che è l’Europa secolarizzata ad essere diventata terra di missione: “Oggi, in questa Europa secolarizzata, devo fare lo stesso esercizio: cercare Dio”.

Il porporato gesuita guarda con lucidità alla tendenza che in tutta Europa, e non solo, porta sempre meno persone a frequentare le chiese (“Sono convinto che il Covid accellererà questo processo”), e lo fa senza idealizzare il passato: “Ora vedo chiaramente che quel passato non era così glorioso. Ovviamente non lo percepivo quando ero bambino, ma mi rendo conto oggi che c’erano già allora, in questa società, molte crepe e ipocrisie. In fondo, la gente non credeva più di quanto non creda oggi, anche se andava in chiesa. Avevano una specie di pratica domenicale culturale, ma senza che fosse ispirata dalla morte e risurrezione di Gesù”.

Ora, “questa era deve finire. Ora dobbiamo costruire una Chiesa sulla fede”. Consapevoli, afferma Hollerich, che “abbiamo una teologia che nessuno capirà tra venti o trent’anni”.

“Per questo abbiamo bisogno di un nuovo linguaggio che deve basarsi sul Vangelo. Tuttavia, tutta la Chiesa deve partecipare allo sviluppo di questo nuovo linguaggio: questo è il senso del Sinodo”, afferma il relatore generale della prossima assemblea generale che si svolgerà a Roma nel 2023.

Su questo sfondo, non mancano le insidie esterne, come i politici che, da destra e da sinistra, tentano di strumentalizzare il cristianesimo: “A destra prendono simboli cristiani, amano rosari e crocifissi, ma non sempre questo è legato al mistero di Cristo. E’ legato alla nostra passata cultura europea. Vogliono fare riferimento a una cultura per mantenerla. E’ un uso improprio della religione. A sinistra conosco anche politici che si definiscono cristiani convinti, lottano contro il cambiamento climatico, ma votano al Parlamento europeo perché l’aborto sia un diritto fondamentale e limiti la libertà di coscienza dei medici”.

E invece la fedeltà al cristianesimo non può essere parcellizzata. Non per questo si deve rinunciare a scoprire strade nuove: “Sono totalmente contrario all’aborto”, è l’esempio portato da Hollerich. “E come cristiano, non posso avere una posizione diversa. Ma capisco anche che c’è una preoccupazione per la dignità delle donne, e il discorso che abbiamo fatto in passato per opporci alle leggi sull’aborto oggi non è più ascoltabile. Allora quale altra azione possiamo intraprendere per difendere la vita? Quando un discorso non regge più, non bisogna accanirsi ma cercare altre strade”.



Per la pubblicazione citare la fonte:
  sacerdotisposati.altervista.org/caso-degli-abusi-spinge-alla-riforma-e-alla-riammissione-dei-preti-sposati-nella-chiesa-nel-ministero-il-cambio-del-diritto-canonico-potrebbe-essere-innescato-dal-prossimo-sinodo/