Mercoledì 13 maggio 1981 il mondo tremava per Papa Giovanni Paolo II ferito in un attentato. Sono le 17,19: durante la consueta udienza settimanale Papa Wojtyla a bordo di una jeep bianca sta benedicendo la folla radunata in piazza San Pietro, quando un uomo mescolato ai fedeli gli spara due colpi di pistola colpendolo al torace. E' il caos.
Pochi minuti dopo essere entrato in piazza San Pietro per un'udienza generale, mentre si trovava a bordo della sua Papamobile scoperta, il papa fu ferito gravemente da due proiettili sparati da una distanza ravvicinata da Ali Agcà. Fu soccorso immediatamente dalle sue guardie e fu sottoposto ad un intervento delicato di ben 5 ore e 30 minuti, riuscendo miracolosamente a sopravvivere.
Dimesso dal Policlinico Gemelli di Roma il 3 giugno viene poi, di nuovo, ricoverato il 20 dello stesso mese per via di una grave infezione. I medici del Gemelli lo operano d'urgenza ancora una volta; una volta ripresosi trascorre la sua convalescenza a Castel Gandolfo, un comune della città di Roma dove è situata la residenza estiva dei papi.
Esattamente due anni dopo l'attentato, nel Natale del 1983, Giovanni Paolo II decide di incontrare il suo attentatore, che sta scontando la sua pena in carcere, per rivolgergli il suo perdono. Parlarono da soli e gli argomenti di cui parlarono in quell'incontro sono tutt'ora sconosciuti.
Il papa disse poi dell'incontro: ”Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui.”
Indro Montanelli (famoso giornalista, saggista e commediografo italiano) riportò alcune parole riferitegli dal papa in una cena privata: “Parlai con quell'uomo dieci minuti, non di più: troppo poco per capire qualcosa di movimenti e di fini che fanno certamente parte di un garbuglio... si dice così?... molto grosso. Ma di una cosa mi resi conto con chiarezza: che Ali Agcà era rimasto traumatizzato non dal fatto di avermi sparato, ma dal fatto di non essere riuscito, lui che come killer si considerava infallibile, a uccidermi. Era questo, mi creda, che lo sconvolgeva: il dover ammettere che c'era stato qualcuno o qualcosa che gli aveva mandato all'aria il colpo.” (Giovanni Paolo II).
L'attentatore venne condannato all'ergastolo dalla giustizia italiana per l'attentato ad un Capo di Stato estero (art. 295 CP).
Però nel 2000 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli concesse la grazia; Ali Agcà venne estradato dall'Italia, fu condotto al carcere di massima sicurezza di Kartal (Turchia) nel quale finì di scontare la sua pena di dieci anni di reclusione per l'assassinio del giornalista Abdu Ipekci, di cui si era macchiato nel 1979.
Ali Agcà non ha mai voluto rilevare nulla sulla verità degli eventi e sulla dinamica della preparazione dell'attentato, dichiarando solo di essere stato aiutato da qualcuno all'interno del Vaticano.
Anche le lunghe indagini non portarono mai a nulla di veramente attendibile sui veri mandanti dell'attentato al papa.
Un altro tentativo di assassinare il papa avvenne il 12 maggio 1982 a Fatima, quasi un anno dopo il primo: un uomo tentò di colpire il papa con una baionetta, ma fu fermato in tempo dai servizi di sicurezza del papa. L'uomo era un sacerdote spagnolo di nome Juan Marìa Fernàndez Krohn; commise quell'atto perché si opponeva alle riforme del Concilio Vaticano II (l'ultima riunione di tutti i vescovi cattolici del Mondo, che si radunò per discutere di argomenti riguardanti la vita della Chiesa Cattolica) e, inoltre, definiva il papa un “agente di Mosca”. Venne condannato a sei anni di prigione e poi espulso dal Portogallo.
Sicuramente si può dire che un qualcosa o un qualcuno abbia aiutato molto papa Giovanni Paolo II durante questi due attentati subiti. E questa è una cosa che ci fa ragionare e riflettere sull'importanza di credere in un potere superiore invisibile che veglia su di noi e che cerca di proteggerci. Anche se poi alle volte ci viene in mente di dubitare di questa entità, perché pensiamo a tutte quelle brutte cose che succedono nel Mondo e a tutte quelle persone che perdono la vita per delle cause molto futili, per malattie, per fame.