"Il buongoverno delle regioni e l’impegno dei ministri della Lega sono stati apprezzati e ricompensati, perché con il lavoro di squadra si vince sempre. Le vittorie in Lombardia e Lazio sono solo l’inizio di un progetto di Italia per i prossimi 30 anni, che rimette al centro crescita, investimenti e lavoro, nel nome della concretezza e del buonsenso. Mai fermarsi, mai arrendersi, con la sguardo sempre rivolto in avanti".
Questo è quanto dichiarato oggi da Matteo Salvini a commento del voto alle regionali di domenica e lunedì.
Sull'altro versante, Calenda riassume così la sconfitta:
"La scelta degli elettori è stata chiara e inequivocabile: vince la destra ovunque. Il centro e la sinistra non sono mai stati in partita, neanche uniti, neanche nell’ipotetico formato del campo largo. Letizia Moratti è stata coraggiosa e si è spesa moltissimo, ma fuori dal bacino di voti del Terzo Polo non siamo riusciti ad attrarre consensi. Stessa cosa è accaduto a Alessio D’Amato, a cui vanno tutti i nostri ringraziamenti, rispetto al bacino dei voti PD-Terzo Polo. Per quanto riguarda la nostra lista i risultati sono stati particolarmente penalizzati dal meccanismo bipolare delle elezioni regionali e della minor presenza del voto di opinione. La costruzione di un partito unico del centro riformista, liberale e popolare diventa ancora più urgente".
Poi, dopo aver letto quanto dichiarato da Letta (Pd)
- "I fatti. I nostri due candidati in Lombardia e Lazio ottengono più voti delle scorse regionali. Le nostre liste, oltre il 20%, prendono più delle politiche. Il PD la sua parte l’ha fatta. M5S e TerzoPolo non hanno voluto coalizzarsi, dimezzano i voti e se la prendono con noi" - ,
il leader di Azione riassume il suo giudizio sulle elezioni in una intervista al Corriere che titola: "Calenda: abbiamo perso. I candidati erano giusti, ma è stato un voto da tifosi". In pratica, i candidati da lui sostenuti - in particolare la Moratti - erano giusti, ma gli elettori che non sanno votare, non sono riusciti a comprenderlo.
Quello che comunque non sembra trasparire dalle dichiarazioni di questa gente è che la notizia principale collegata a queste elezioni regionali non è tanto chi ha vinto, quanto chi non è andato a votare... e non sembrano preoccuparsene!
I sondaggisti spiegano l'astensionismo così.
"C'è una crisi della politica - dice Weber (Istituto Ixé) - una dissociazione tra rappresentati e rappresentanti". "Le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose", conviene Pregliasco (Youtrend). E infatti anche alle politiche del 25 settembre votò appena il 63% degli aventi diritto. Poi c'è un elemento specifico delle Regionali, che, aggiunge Pregliasco, "sono a metà tra le comunali e le nazionali": non sono un Ente vicino come i Comuni ma neanche politicamente rilevanti come quelle per il Parlamento. "Questo risultato vendica quello delle Regionali in Emilia Romagna del 2014 - ricorda Vassallo (Istituto Cattaneo) - quando votò il 37% (come oggi nel Lazio ndr) e si mise in discussione la legittimità del vincitore" cioè Stefano Bonaccini. Viceversa, la tornata successiva sempre in Emilia, si caricò di rilevanza nazionale per lo scontro Bonaccini-Salvini, "e allora votarono il 70% dei cittadini" sottolinea Pregliasco.Ma tutti rimarcano che un "disincentivo" al voto è stato "l'esito scontato" a causa della compattezza del centrodestra, a cui hanno risposto le opposizioni divise. In tutto l'elettorato c'era "la consapevolezza che in assenza di una coalizione larga per il centrosinsitra non c'è storia", dice Vassallo. "In una elezione a turno unico come le regionali, senza campo largo il centrosinistra non è competitivo" sentenzia Giovanni Diamanti (Youtrend). Ma, osservano Weber, Vassallo e Pregliasco, l'astensionismo ha colpito più le opposizioni, specie M5s e Terzo Polo, in particolare nel Lazio dove l'impressione è stata "la smobilitazione", dice Pregliasco. Una cosa è certa per Weber: il centrodestra sia cauto e non usi il termine trionfo, perché se questa tendenza all'astensionismo prosegue, salta una rotella del motore della democrazia". (fonte Ansa)
Riportata l'analisi tecnica del problema - la gente che in una democrazia non va a votare è sicuramente un problema - si può aggiungere anche l'analisi di chi tecnico non è, e che finisce per essere sempre un po' tranchant, a dirla in maniera elegante, oppure "da bar" se si vuole usare un termine meno raffinato.
Allora, qual è il problema che causa l'astensionismo? Riassunto in maniera diretta si può esprimere in questi termini: i politici hanno rotto i coglioni e gli elettori non hanno più intenzione di scomodarsi per gente che vive al di fuori della realtà proponendo soluzioni utili solo al rinnovo dei loro incarichi da oltre 10mila euro al mese.
Da anni, occupano gli schermi televisivi dalle 7 di mattina fino ad oltre la mezzanotte per insultarsi a vicenda supportati da presunti giornalisti che non hanno vergogna a spergiurare sulla bontà di tesi assurde, aggiungendo i loro insulti a quelli dei politici di riferimento... con che risultato? Basta vedere il livello di redistribuzione del reddito in Italia: i ricchi sono sempre più ricchi e la classe media sta scendendo al livello della povertà, mentre chi è povero è sempre più povero.
Quindi perché disturbarsi per dare un voto a questo circo autoreferenziale? Che sia consapevole o meno, l'attuale astensionismo è la risposta più politica che gli italiani potessero dare a questi influencer che giocano con la loro pelle.
E a quanto pare continuano a non comprenderlo.