Credo di poter affermare che chi non sa gestire le proprie emozioni e non giudicare, rimarrà bloccato per sempre nella trappola della dipendenza dal giudizio esterno, e come tale avrà relazioni sofferenti perché le persone giudicano. Non essere dipendente dal giudizio esterno vuol dire porre fine al giudizio, prima di tutto noi non giudichiamo gli altri. Se noi giudichiamo gli altri la lotta continua, allora fermiamoci e comprendiamo, iniziamo noi a non giudicare e ad avere la forza di accettare che chi ci giudica sta semplicemente esprimendo una sua percezione.
Il giudizio non ha effetto su di noi se il nostro io è la nostra anima sono coesi, perché il giudizio attacca l'immagine alla quale noi siamo legati, ma per il nostro io e la nostra anima l'immagine, la nostra "cornice" è priva di ogni interesse e significato.
Purtroppo l'unico modo per cambiare gli altri è cambiare prima di tutto noi, se noi cambiamo sicuramente qualcosa cambierà, impariamo l'assertività, essere assertivo vuol dire essere capace di esprimere le nostro percezioni-pensieri, mediando la nostra aggressività con chi la pensa diversamente ma soprattutto senza sovrapporre il nostro io e i nostri pensieri sull'altro.
E' fondamentale comprendere quando una persona ci giudica con l'obiettivo di aiutarci oppure di denigrarci ma soprattutto quando un giudizio è offensivo oppure è semplicemente una constatazione della realtà.
I pregiudizi sono spesso riferiti alla componente razziale, ma non sono solo legati alla razza, anche a genere, religione, etnia. I pregiudizi scaturiscono inevitabilmente dall'erronea generalizzazione causata dagli stereotipi e dalle categorizzazioni in generale. Uno stereotipo sociale consiste nell’attribuire alcuni tratti in comune a tutti gli individui che sono membri di un gruppo e anche nell’attribuire a questi stessi membri alcune differenze rispetto a membri di altri gruppi.
Gli stereotipi introducono la semplicità e l’ordine, là dove sono presenti una complessità e una variazione pertanto, per semplificare, si generalizza. Gli individui membri di un gruppo sociale cui viene attribuito uno stereotipo saranno giudicati simili tra loro solo rispetto ad alcuni attributi. I pregiudizi ci aiutano a far fronte alle situazioni introducendo una semplificazione della realtà sociale, permettono di preservare le differenziazioni tra il proprio gruppo e gruppi esterni.
Il processo congnitivo-comportamentale del pregiudizio e della discriminazione. Pregiudizio (componente valutativa) è legato al fattore affettivo: quando valuto i sentimenti che ne conseguono, ne segue un fattore comportamentale, grazie al quale discrimino. Difatti, si arriva alla discriminazione (componente comportamentale), perché in base ad essa cambia anche il comportamento.
Esempio : “provo ribrezzo per un musulmano solo perché è musulmano (pregiudizio), penso che, siccome è musulmano, sicuramente è violento (stereotipo), nelle amicizie prediligo i cristiani (discriminazione)”.
Che ruolo svolgono gli stereotipi?
La psicologia sociale è incentrata sullo studio degli stereotipi e l'analisi dei meccanismi che influiscono alla costruzione di tale fenomeno. Le funzioni riscontrate all’interno di questa attività cognitiva sono:
1) Semplificare i processi di ragionamento cosi da categorizzare e classificare in gruppi ampi, trasformando mentalmente il mondo, in qualche modo, in un posto più prevedibile.
2) Difendere i valori della persona: i gruppi consentono di assegnare caratteristiche generali ed è più facile fare confronti e paragoni che non considerando i singoli individui.
3) Mantenere un certo controllo sociale: la formazione di ampi gruppi rende più facile mantenere il controllo.
Perché la società è così piena di finti giudici?
La gente, indipendentemente dal proprio credo, dalla propria posizione sociale o dalla famiglia di provenienza, smania affinché giustizia sia fatta nella società. Si può dire che certe persone non giudichino le situazioni in maniera isolata e mirata, ma che abbiano assunto il ruolo di giudici nei piccoli eventi dell’esistenza altrui, senza che nessuno gliel’abbia chiesto. È chiaro che si tratta di un errore, perché nemmeno un vero giudice dovrebbe permettersi di esercitare questo ruolo al di fuori del suo lavoro è il suo intervento è unicamente mirato a giudicare in base alla legge, durante una sentenza il giudice non può esprimere un parere personale sulla persona sia per un'etica deontologica e sia per il principio di OKNESS, per il quale il nostro valore e la nostra dignità non dipendono dai nostri comportamenti ma semplicemente in quanto esseri viventi, sicuramente comportamenti solidali, corretti e costruttivi valorizzano ulteriormente la persona.
Le persone che giudicano gli altri, di solito.
Detestano la maggior parte della loro vita e, per questa ragione, come meccanismo di difesa provano in tutti i modi ad avvelenare quella degli altri.
Non sono facilmente individuabili, poiché non sono persone fredde, né con sentimenti negativi. Tuttavia, sono estremamente frustrate, cosa che le porta ad essere aggressive, atteggiamento che manifestano in diversi modi.
Vogliono giustificare la traiettoria della loro vita screditando gli altri. Spesso esclamano frasi del tipo “In fondo non sto così male: guarda Tizio per esempio”.
Quando esprimono la loro opinione a proposito degli altri, non lo fanno per far riflettere sugli sbagli e sulle mosse vincenti commessi dalla persona in questione. Giudicano basandosi su pregiudizi che li rendono riduttivi, sempliciotti e imparziali.
I pregiudizi ci limitano?
In nessun caso gli stereotipi sono fatti per limitarci, ma siamo noi a doverne limitare l’uso, a gestirli con prudenza. Ci aiutano a organizzare la realtà, ma non costituiscono assolutamente un modello infallibile. Come abbiamo visto, sono alla base dei pregiudizi, dunque limitandoli non diventeranno determinanti per noi. Cambiare uno stereotipo o un pregiudizio è possibile solo se ci avviciniamo al gruppo e cerchiamo di osservare senza filtri e senza voler confermare opinioni precedentemente formulate. Anzi, il punto è proprio sfatare queste idee e dedicare i nostri sforzi a pensieri e situazioni che se ne discostino totalmente. Vi è capitato mai di giudicare una persona prima di conoscerla? Siete mai rimasti sorpresi nello scoprire che non era come pensavate? Con i pregiudizi funziona così. Non va bene pensare male prima del tempo, è una cosa che ci riempie di negatività. E' grazie alla diversità tra i colori che permette di formare un'arcobaleno. In molti rinneghiamo oppure contrastiamo la diversità senza renderci conto che noi in quanto persone siamo diversi l'uno dall'altro. Il concetto della diversità è un fenomeno naturale, tutti noi abbiamo sogni diversi, obiettivi, pensieri diversi, stili diversi ,educazione genitoriale-scolastica diversa, tradizioni e lingue diverse senza renderci conto che sono un dono della vita. Ecco perché i pregiudizi ci ingannano, ci mostrano una realtà alterata. Ci portano a credere che quello che pensiamo sia vero e, dunque, ci condizionano quando andiamo in un determinato quartiere o quando conosciamo qualcuno.
Diversità & LGBT🏳️🌈
Avere un’identità di genere, un orientamento sessuale o un’espressione di genere differenti rispetto a quelli della maggioranza può far percepire degli elevati livelli di stress. Far parte di una minoranza porta con sé delle problematiche dovute prima di tutto all’accettazione di sé stessi, che può richiedere un percorso davvero lungo e tortuoso. Inoltre, si è sottoposti ad una serie di pregiudizi sulle modalità relazionali e sulle capacità genitoriali che rallentano questo processo.Per una persona omosessuale, il coming out rappresenta uno degli atti soggettivamente più rilevanti all’interno del processo di costruzione di una propria identità. La letteratura scientifica e il parlare comune, spesso, utilizzano questo termine con accezioni differenti. Il termine “coming out” deriva dall’espressione inglese “coming out of the closet”, letteralmente “uscire dal ripostiglio”, e può essere tradotta con il termine “dichiararsi”. Nell’uso di tutti i giorni, questa espressione viene utilizzata per indicare l’atto volontario di una persona omosessuale (o bisessuale) di rivelare ad altri il proprio orientamento sessuale. In psicologia e sociologia, tuttavia, con coming out si intende qualcosa di più complesso, che non ha a che fare unicamente con il dichiararsi agli altri, ma prima ancora con il dichiararsi a se stessi; ci si riferisce quindi ad un processo primariamente interiore di scoperta del proprio orientamento sessuale e di costruzione di una identità come persona gay, lesbica o bisessuale.Da oltre 40 anni la medicina e la psicologia non considerano più l’omosessualità come una patologia, come già più volte è stato comunicato e come testimoniano le principali organizzazioni mondiali e nazionali (APA, OMS, CNOP, ecc.). Con il progresso della ricerca scientifica, molti professionisti hanno avuto modo di rivedere le proprie posizioni circa le questioni inerenti gli orientamenti sessuali. Nonostante ciò, alcuni psicologi e psichiatri continuano a non considerare appieno l’omosessualità come “una variante normale della sessualità umana” (APA, 2012): questo ovviamente ha delle notevoli implicazioni sulla società e, in particolar modo, su quei soggetti che si affidano alle cure di uno specialista. Non è mistero, infatti, che ancora oggi vengano messe in atto terapie riparative "Conversione", o comunque interventi terapeutici volti a modificare l’orientamento sessuale dei pazienti, specialmente quando sono proprio questi ultimi a richiedere tali prestazioni come conseguenza di un disagio psicologico, sociale e/o relazionale. Parlando di psicologia delle persone gay e lesbiche, credo sia importante andare oltre la specifica identità sessuale e il senso di appartenenza alla comunità LGBT, per approfondire la qualità delle relazioni con le persone eterosessuali.
1.Si dice che… i gay siano tutti effeminati e le lesbiche siano tutte mascoline.
2.Si dice che… i gay e le lesbiche siano tutti/e predatori e predatrici.
3.Si dice che… le persone bisessuali siano confuse.
4.Si dice che… i gay siano pedofili.(Parafilici)
5.Si dice che… tutti i ballerini sono gay e tutti i gay sono ballerini.
6.Si dice che… lesbiche e gay non possono fare famiglia.
7.Si dice che... i gay sono più a rischio malattie.
Stereotipi sulla comunità LGBT!
Gli stereotipi sono credenze, tendenzialmente negative, che portano a generalizzazioni nei confronti di un determinato gruppo sociale.Gli stereotipi e i luoghi comuni che esistono sull’omosessualità sono importanti per comprendere i fenomeni di distanza ed esclusione sociale a cui sono sottoposte non solo le persone omosessuali, ma anche le persone che vengono ritenute tali pur non essendolo. Si dice che… i gay siano tutti effeminati e le lesbiche siano tutte mascoline. Gli stereotipi più comuni attribuiscono alle persone omosessuali caratteristiche dell’altro sesso. La non femminilità delle lesbiche viene riflessa in un insieme di credenze: le lesbiche non si truccano, non si curano, hanno i capelli corti, sono grasse, giocano a calcio, non sono materne. Riguardo agli uomini gay si crede, ad esempio, che si vestano in maniera stravagante, che abbiano tratti fisici femminili, amino la cucina e la casa o le cose futili, non sopportino il dolore. La popolazione omosessuale in realtà mostra aspetti di grande eterogeneità al suo interno: se da un parte ci sono persone che hanno modi e apparenze “atipici” rispetto alle convenzioni sociali su ciò che è maschile o femminile, dall’altra ci sono persone omosessuali con atteggiamenti e comportamenti molto conformi alle norme di genere..Un’altra convinzione comune descrive le persone omosessuali come desiderose di corteggiare, circuire e “convertire” le persone eterosessuali all’omosessualità. Nella maggior parte dei casi, la persona omosessuale cerca altre persone con il medesimo orientamento sessuale al fine di avere relazioni basate sulla reciprocità e quindi non è interessata a cambiare l’orientamento sessuale altrui.Il pregiudizio che accompagna le persone bisessuali si può trovare sia nel mondo etero che in quello omosessuale. Il fatto che siano attratti da entrambi i generi viene interpretato come una confusione e mancanza di identità. Un altro stereotipo è quello che indica le persone bisessuali come omosessuali che non hanno il coraggio di vivere apertamente la propria condizione. In realtà le persone bisessuali non sono confuse o poco coraggiose, il loro orientamento sessuale e affettivo è indirizzato verso entrambe i generi, con gradi di coinvolgimento e sfumature che variano da persona a persona. L’omosessualità e la pedofilia non hanno nulla in comune in quanto l’omosessualità è una variante naturale dell’orientamento sessuale, così come l’eterosessualità e la bisessualità, mentre la pedofilia è considerata un disturbo mentale che prescinde dall’orientamento sessuale. Questo stereotipo continua indirettamente a influenzare negativamente l’opinione sull’omosessualità nel dibattito pubblico. Si dice che… lesbiche e gay non possono fare famiglia.Un’altra convinzione da sfatare è quella secondo cui le persone omosessuali non possano “mettere su famiglia”. Molti hanno ancora delle remore a pensare a una coppia omosessuale che cresce un figlio, ma numerose ricerche (ad esempio un recente studio di ricercatori dell'Univerisità di Melbourne) sostengono che avere come genitori una coppia eterosessuale o omosessuale sia indifferente per lo sviluppo di un bambino o di una bambina.Anche in Italia le “famiglie arcobaleno” sono ormai una realtà riconosciuta, a livello di registrazione anagrafica, in diverse città. Un luogo comune associato all’omosessualità è quello secondo cui i gay siano maggiormente a rischio di contrarre l’HIV.La diffusione di malattie a trasmissione sessuale prescinde dall’orientamento sessuale delle persone mentre è strettamente legata alla mancata adozione di pratiche di sesso sicuro.In altri termini, non esistono categorie a rischio ma soltanto comportamenti a rischio, come ad esempio non utilizzare il preservativo nei rapporti sessuali.
“Solo se riusciremo a vedere l'universo come un tutt'uno in cui ogni parte riflette la totalità e in cui la grande bellezza sta nella sua diversità, cominceremo a capire chi siamo e dove stiamo.” (— Tiziano Terzani, libro Lettere contro la guerra)
Articolo a cura di: Yanko Giuseppe Mormone