Hollywood in Crisi. In un curioso e drammatico scontro tra potere economico e cultura popolare, il nuovo film ispirato al celebre videogioco Minecraft ha incassato 15 milioni di dollari nel suo primo weekend in Cina. Ma, come accade spesso nei melodrammi moderni, la scure dei dazi imposti dal presidente Donald Trump ha minacciato di spegnere la luce di questo trionfo, lasciando il mercato cinematografico statunitense in un limbo inquietante.

Sembra che l’idea di realizzare un film su Minecraft non abbia suscitato l’adeguato entusiasmo tra i produttori; e, d’altronde, non c’è nulla di scandaloso nell’idea di creare opere con un chiaro intento commerciale. Molti dei film più iconici della storia sono nati proprio sfruttando timori, fantasie e, perché no, opportunismi di vario genere per accumulare profitti.

Oh, il cinema! Un'arte commerciale per antonomasia, capace di generare capolavori pur mantenendo come obiettivo finale la vendita di merchandise e l’attrazione di visitatori nei parchi tematici. Tuttavia, il disastro di Minecraft è che non riesce nemmeno a nascondere la sua natura spietatamente commerciale, mostrando senza vergogna il suo intento di lucro.

È per questo che le major cinematografiche, nella loro infinita saggezza, affidano i loro progetti a registi di alto profilo, sperando che possano mascherare la vera essenza mercantile con narrazioni avvincenti e innovazioni tecniche. Purtroppo, in questo caso, il film si rivela un mero strumento per il profitto.

Se Barbie, con la frizzante Margot Robbie, è riuscita a trasformarsi in un’operazione culturale pur essendo originata da un giocattolo, Minecraft si riduce a un noioso manuale di istruzioni del videogioco, intervallato da battute infantili e insipide. Non c’è avventura coinvolgente; solo un vademecum monotono su bonus, accessori e villain, peggiore del più banale dei tutorial di YouTube.

Il colpo di grazia per Hollywood è arrivato il 9 aprile, quando Trump ha deciso di sospendere per 90 giorni gran parte delle tasse sulle importazioni globali, ma ha alzato i dazi sulle merci cinesi a un incredibile 145%. In risposta, la China Film Administration ha annunciato una drastica riduzione del numero di film americani ammessi nel paese. Un portavoce ha sentenziato che l’abuso dei dazi da parte degli Stati Uniti porterà a una ulteriore diminuzione del favore popolare verso le pellicole made in USA. E per Hollywood, questa è una notizia di quelle da far tremare i polsi.

Il calo dei film americani proiettati nei cinema cinesi avrà conseguenze devastanti sul prestigio culturale che l'industria cinematografica statunitense ha coltivato nel paese, minando la sua posizione nel secondo mercato cinematografico più grande del mondo. Fino a poco tempo fa, i blockbuster americani rappresentavano una forma di soft power in Cina, ma dal 2020, con la pandemia di Covid-19 a raffreddare le relazioni tra le due potenze, il loro impatto è crollato. Se tra il 2017 e il 2019 i film americani guadagnavano circa 3 miliardi di dollari all’anno, l’anno scorso il bottino è sceso a soli 1,2 miliardi. Nel frattempo, le produzioni locali come Ne Zha 2 hanno già incassato due miliardi di dollari, relegando Minecraft a un triste secondo piano.

La situazione si fa sempre più critica. Come ha osservato Stanley Rosen, professore di scienze politiche, il cinema in Cina sta diventando non solo una questione di economia, ma anche di patriottismo. Mentre le autorità cinesi si affannano a incentivare la visione di film come motore economico, il pubblico sembra sempre più orientato verso le produzioni nazionali.

Eppure, il pubblico cinese ha trovato strade alternative per aggirare le restrizioni governative. "Tutti i film di Hollywood sono facilmente reperibili in streaming su piattaforme pirata cinesi, con sottotitoli di alta qualità", spiega Rosen. Così, chiunque desideri godere delle pellicole americane può farlo comodamente da casa, senza contribuire economicamente alla cultura a stelle e strisce.

Con Trump che minaccia di aumentare ulteriormente i dazi, il Ministero del Commercio di Pechino ha già fatto capire che “combatterà fino alla fine”. E così, le grandi aziende di intrattenimento si trovano ora in prima linea in questa guerra commerciale, rischiando di perdere l'accesso a un mercato cinematografico immenso. Mentre gli studios americani, già alle prese con debiti e crisi pandemica, si affannano per risollevarsi, la sfida di Hollywood di fronte a un’industria cinese sempre più robusta e patriottica si fa sempre più ardua. La battaglia si intensifica, trasformando il cinema in un campo di battaglia per l’orgoglio nazionale e l’economia.