Le bellezze “minori” dell’immenso patrimonio artistico italiano sono spesso mal conservate e talvolta – a causa dell’incuria- vanno perse o distrutte irreparabilmente.
Due tra gli esempi eclatanti di tale incuria si possono vedere nell’area dei “Castelli romani”, a pochi chilometri da Roma. Incuneata tra i comuni di Montecompatri, Monte Porzio, Frascati e Grottaferrata, l’area di Tusculum costituisce il nerbo storico e culturale dei Castelli Romani.
In tale territorio si sovrappongono tracce archeologiche di diverse epoche storiche, che segnano le vicende della importante città latina. Tuscolo, infatti, era una delle più importanti città della Lega Latina, che si oppose fieramente all’espansionismo della potenza di Roma, da cui fu però battuta nella famosa battaglia del Lago Regillo del 496 a.C. Successivamente, una volta sottomessa da Roma, Tuscolo divenne residenza estiva prediletta di imperatori, senatori e scrittori di fama, inaugurando una tradizione che dura fino ai nostri giorni. Tra le ville più celebri, si ricordano quella di Silla Cicerone, Lucullo, Tiberio e Matidia.
In epoca medievale, con la potente dinastia dei Conti di Tuscolo che diede al Pontificato numerosi Papi, dominò le cronache capitoline influenzandone fortemente la vicenda politica, fino a quando il Comune di Roma ne decise la distruzione definitiva che avvenne nel 1191 d.c.
Visitando il Parco archeologico dell’antica città di Tusculum (oggi affidato alla Cooperativa Iperico) fondata, secondo la leggenda da Telegono, figlio di Ulisse e della maga Circe si rimane meravigliati al cospetto del teatro, di quelle che furono le terme, ma anche sconcertati quando si viene a sapere del pessimo restauro – forse irrecuperabile- di un mosaico presente nell’area archeologica facente parte della pavimentazione del Sacello dedicato a Mercurio, sito nell’angolo sud-occidentale del Foro di Tuscolo: un piccolo ambiente in opera reticolata, absidato, con pronaos aperto sulla strada e cella con pavimento mosaicato a tessere bianche e nere .
Spostandosi dall’Area Archeologica del Tuscolo dove dal 1994 è attivo un progetto di ricerca archeologica a cura della Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma- CSIC, che ad oggi è il più longevo progetto di ricerca archeologico condotto da un ente straniero nel Lazio, si giunge facilmente al Convento di San Silvestro a Monte Compatri.
Nel Convento dei Padri Carmelitani, posto al di fuori del centro abitato, molto in alto rispetto ad esso, si respira un’aura di spiritualità. All’interno del convento è allestita una piccola pinacoteca, retrostante la sagrestia, grazie alle donazioni di privati. Alla collezione, quasi interamente seicentesca, di scuola caravaggesca e manierista, manca l’importante dipinto di Gherardo delle Notti rappresentante “Gesù adolescente e San Giuseppe che lavora d’ascia” (118 cm x 142), che fu trafugato nel 1975.
Gerrit (o Gerard) van Hontorst, detto in Italia Gherardo delle Notti, fu un celebrato pittore fiammingo nato a Utrecht nel 1590 e morto il 27 aprile 1656. Scolaro di Bloemaert, nel 1610 si trasferì a Roma, dove subì fortemente l'influsso del Caravaggio. Lavorò intensamente sotto il pontificato di Paolo V Borghese. Dopo la morte del pontefice, nel 1622, fece ritorno in Olanda. A Roma ebbe come protettori il cardinale Scipione Borghese, per cui eseguì più quadri, e il marchese Giustiniani, che gli ordinò la tela Cristo davanti a Caifa, ora nella Galleria nazionale di Londra. Anche la sua Decollazione di S. Giovanni Battista in S. Maria della Scala (a Trastevere, Roma) ha goduto di grande fama. Altre sue opere a Roma in S. Maria in Aquiro, in S. Maria della Vittoria e nella chiesa dei cappuccini in Via Vittorio Veneto.
Nel convento di S. Silvestro presso Montecompatri si trova oggi, al posto del dipinto rubato, una riproduzione fotografica di “Gesù adolescente e San Giuseppe che lavora d’ascia” (del quale l’artista realizzò più varianti, una all’Hermitage). La notorietà e il valore della tela – all’epoca mezzo miliardo di lire, ora nell’ordine di svariati milioni di euro – la rendono difficilmente commerciabile. Solo due di innumerevoli esempi di “malacultura” e proprio a due passi dalla Capitale.