E' accaduto sabato, intorno alle 17.00, ma se ne è avuto notizia solo poche ore fa: 4 ragazzini, due 16enni e due 17enni, egiziani, ospiti del del centro di prima accoglienza per minorenni non accompagnati, gestito dalla cooperativa San Francesco a San Michele di Ganzaria, nel catanese, sono stati barbaramente aggrediti da 3 italiani, e pestati a sangue.
Uno di loro, soprattutto, è stato preso di mira e le sue condizioni sono gravissime; ha subito un intervento al cervello, volto a ridurre l'ematoma procurato dall'aggressione, ed è in coma famacologico ed in prognosi strettamente riservata, a soli 16 anni.
NON SI TRATTA DI MOTIVI RAZZIALI
Le motivazioni dell'aggressione non sono riconducibili all'odio razziale, piuttosto sembra si tratti di futili motivi; a spingere gli aggressori, quindi, potrebbe essere stato un diverbio con i 4 ragazzi; gli inquirenti ipotizzano a causa di un pallone o addirittura di uno sguardo di troppo o male interpretato, il che - se fosse vero - renderebbe ancor più grave il quadro, se mai ciò fosse possibile.
Alla base di tutto - quindi - la profonda ignoranza e quello strano senso di potere che la violenza regala, fattori ancora purtroppo tipici di alcune zone dell'Italia, e così radicati che neppure il terzo millennio riesce a mutare e far evolvere.
L'AGGRESSIONE FILMATA COL CELLULARE
E' stato grazie al filmato - realizzato da uno dei ragazzi aggrediti - che ha permesso agli inquirenti di risalire agli aggressori, e di comprendere la dinamica degli accadimenti.
I ragazzi - che tornavano a piedi verso il centro di accoglienza - sono stati raggiunti da due macchine con a bordo 5 persone: di queste, tre sono scese, armate di pistole ad aria compressa e mazze da baseball, per compiere l'atto criminoso.
In carcere, sono stati tradotti i tre aggressori materiali, individuati proprio grazie al filmato: si tratta di Antonino Spitale, di 18 anni, e i fratelli Giacomo e Davide Severo, di 32 e 23 anni, mentre sono ancora in corso le indagini per individuare i due complici, che sono rimasti in auto pronti a ripartire in caso di mal parata.
Di fronte ad un fatto come questo, siamo noi tutti ad uscirne sconfitti: la nostra appartenenza al genere umano, la cosiddetta civiltà che dovrebbe contraddistinguerci ed elevarci.
E la nostra stessa dignità, se per essere degni abbiamo ancora bisogno della clava.