Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro contro i sindaci e i governatori che hanno imposto il lockdown
Quasi 40mila contagiati e 2.500 decessi. Questi, ad oggi, i numeri (quasi certamente sottostimati) del contagio da coronavirus in Brasile (i più alti in America Latina), un Paese che vive una situazione a dir poco paradossale.
Da una parte, sindaci e governatori di molti Stati hanno imposto regole di chiusura e isolamento sociale, dall'altra il presidente Jair Bolsonaro che nega la pericolosità della pandemia e chiede che le misure vengano revocate, tanto che la scorsa settimana ha destituito il suo ministro della sanità, Luiz Henrique Mandetta, che invece le aveva appoggiate.
A Bolsonaro interessa che l'economia del Brasile non venga danneggiata dall'epidemia e, pertanto, fa di tutto e di più per far credere che la sua pericolosità sia pari a quella di un'influenza.
Domenica, Bolsonaro ha voluto unirsi alla folla di manifestanti, alcune centinaia di persone, che fuori dal quartier generale dell'esercito, a Brasilia, chiedevano la fine delle misure di isolamento. Alcuni dei partecipanti hanno anche agitato cartelli in cui invocavano la chiusura del Congresso e della Corte suprema.
Naturalmente, i manifestanti erano gomito a gomito, non indossavano guanti e neppure mascherine... così come Bolsonaro che però è stato visto interrompersi e tossire più volte mentre arringava la folla dei suoi esaltati sostenitori.
Ancora una volta la BBC, come era accaduto a New York, ha mostrato le immagini, dall'alto, di un cimitero. Stavolta è quello di San Paolo in Brasile (immagine in alto), il più grande in America Latina, in cui vengono scavate fosse per seppellire centinaia e centinaia di nuovi morti.
Evidentemente, sono in pochi a credere alla propaganda di Bolsonaro.