E’ sempre stato un punto fermo della lista di ministri preparata da Giorgia Meloni. Si trattava solo di capire quale ruolo avrebbe ricoperto. Alla fine la premier ha optato per il ministero dello sviluppo economico, che è stato ribattezzato per le imprese e lo sviluppo del made in Italy.
Nessuno può nutrire dubbi sulla competenza e autorevolezza di Urso, una lunga carriera politica alle spalle iniziata nelle file di Alleanza nazionale che ha contribuito a fondare, iniziata agli inizi degli anni 80. Ha ricoperto per otto anni nei governi Berlusconi III e IV ( sempre sotto Claudio Scajola ministro) la carica di viceministro per le attività produttive con delega al commercio estero.
Ha aderito nel 2015 a Fratelli d’Italia, dopo una breve pausa della politica per occuparsi della società Italy World Services, che fornisce consulenza e assistenza per le imprese italiane all’estero ( un pedigree di tutto rispetto per occuparsi di mondo produttivo),
Nel 2015 entra in Fratelli d’Italia e nel 2018 torna alla politica attiva, candidandosi al Senato. E’ alla settima legislatura, iniziata nel lontano 1994 come deputato. Un cavallo di razza della politica, le cui doti di mediazione, diplomazia e competenza vengono apprezzate anche dall’opposizione.
Nato a Padova nel 1957. Laureato in sociologia all’università “La Sapienza” di Roma e giornalista professionista dal 1984, ha collaborato con “Il Secolo d’Italia”, è stato vice-direttore del quotidiano “Roma” e caporedattore de “L’Italia settimanale”.
Direttore dal 1994 della rivista “Charta minuta”, è stato promotore della fondazione Osservatorio parlamentare e nel 2007 ha costituito la Fondazione Farefuturo, della quale è stato segretario generale e poi presidente. Proprio come presidente della fondazione ha contribuito a creare quei legami con la politica americana, che sono stati fondamentali per accreditare la Meloni a Washington.
Si è distinto per il suo iperattivismo nel ruolo di presidente del Copasir, dopo oltre sei mesi di stallo. Ma Urso è un politico coerente e tutto di un pezzo e lo ha dimostrato ampiamente nella sua carriera politica, come quando nel 2011 "osò" sfidare l’allora premier Berlusconi, a cui chiese apertamente le dimissioni, dopo essere uscito dal governo il 15 novembre del 2010 (pagando questa sua ardita mossa con una mancata candidatura alle elezioni del 2013).
E’ molto apprezzato dal mondo produttivo, che ha sempre riconosciuto il suo laborioso lavoro come viceministro per otto anni. E’ un lavoratore instancabile, ma nello stesso tempo anche un fine intellettuale ( ha scritto 4 libri), ma certamente la nuova attività, in un momento tra i più delicati della storia repubblicana, per il mondo produttivo italiano, difficilmente gli darà pause da dedicare alla scrittura.
La sfida è di quelle da far tremare i polsi, ma lui non è certo uomo da farsi spaventare dalle grandi sfide, ed è per questo che alla fine Meloni ha pensato a lui per un compito così delicato, certa che le sue competenze e la sua dedizione saranno fondamentali per dare respiro al mondo delle imprese, fiaccato dal caro bollette e dalla crisi innescata dalla guerra in Ucraina.