Come al tempo dell'Urss. Kristina Timanovskaya 200metrista bielorussa, la scorsa settimana si era lamentata sui social media di essere stata inserita con un preavviso dell'ultim'ora nella staffetta 4x400 dopo che alcuni compagni di squadra erano stati trovati non idonei a gareggiare.

Secondo la ong Belarus Sports Solidarity Foundation, ciò sarebbe stato causato dalla necessità di rimpiazzare atlete mai partite per il Giappone per la scarsità di test anti Covid disponibili nel Paese.

«Si scopre che i nostri grandi capi decidono sempre tutto per noi» aveva scritto su Instagram la Timanovskaya (l'account è stato cancellato), chiarendo poi che: «non avrei reagito così duramente se me lo avessero detto prima... spiegandomi la situazione, chiedendomi se ero in grado di correre i 400 metri. Ma loro hanno deciso tutto alle mie spalle».

Le autorità della Bielorussa, a seguito di quanto da lei dichiarato, avevano deciso di non farla gareggiare e di richiamarla direttamente in patria, cercando di imbarcarla con la forza su un volo per Minsk. 

L'atleta bielorussa, però, è riuscita a sottrarsi al controllo dei tirapiedi di Lukashenko e dopo aver trascorso la notte in un albergo protetta dalla polizia giapponese, questa mattina è stata fotografata mentre entrava nell'ambasciata polacca a Tokyo, a bordo di in van argentato senza contrassegni. 

Marcin Przydacz, funzionario del ministero degli Esteri polacco, aveva dichiarato in precedenza che alla Timanovskaya, il cui marito si sarebbe già rifugiato in Ucraina, era stato "offerto un visto umanitario".

In base alla versione dei fatti fornita dall'atleta bielorussa, alcuni funzionari della delegazione del suo Paese erano andati nella sua stanza, dandole un'ora di tempo per fare le valigie, prima di essere accompagnata all'aeroporto di Tokyo. 

Anatol Kotau, un membro della ong Belarus Sports Solidarity Foundation, ha dichiarato che la Timanovskaya ha paura della repressione a  cui la sua famiglia sarà sottoposta in patria.

Gli atleti sono "usati" da Lukashenko come strumento di propaganda, quindi, chiunque lo critichi è oggetto di gravi ritorsioni, come ha spiegato Heather McGill, ricercatrice per l'Europa orientale e l'Asia centrale di Amnesty International.