La soteriologia e la grazia sono i due argomenti nei quali l'approfondimento agostiniano fu più determinante. Sant’Agostino li illustrò contro i pelagiani e i pagani perché non venisse resa vana la croce di Cristo. Agostino considerò sempre il pelagianesimo come un sistema di idee, di disputationes, di argomentazioni, senza avere alcun dubbio sulla loro qualità intellettuale.[1] Prima di tutto la natura e l'unicità della mediazione. Cristo è mediatore come uomo, più precisamente, come Uomo-Dio: Non è mediatore l'uomo senza la divinità, non è mediatore Dio senza l'umanità; ma tra la divinità sola e l'umanità sola è mediatrice l'umana divinità e la divina umanità di Cristo. Anzi solo l'Uomo-Dio poteva essere mediatore.

Sant’Agostino lo sosteneva fortemente contro la demonologia platonica. Il mediatore dev'essere in mezzo tra i due estremi da unire, ad essi unito e da essi distinto: tra Dio giusto e immortale e gli uomini mortali e ingiusti dev'essere giusto e mortale; giusto come Dio, mortale come gli uomini. Perciò Cristo, Uomo-Dio, è per tutti gli uomini mediatore di libertà, di vita, di unità e di salvezza. Fuori di questa via universale che non è mai mancata al genere umano, nessuno è stato mai liberato, nessuno viene liberato, nessuno sarà liberato. Questa via è stata aperta anche ai gentili, fuori d'Israele, prima della venuta di Cristo. Riscontrando in Cristo l’unico mediatore tra Dio e un’umanità alienata, moralmente impotente, spesso Agostino sottolinea che la fede nell’opera salvifica di Cristo, specialmente nella sua incarnazione, morte e resurrezione, è necessaria a chiunque, in ogni tempo, per essere salvato.[2]  

Cristo è mediatore perché redentore. A questo proposito egli ci offre “il primo saggio di teologia biblica” nel quale dimostra che il motivo dell'incarnazione, secondo la Scrittura, non è altro che la redenzione degli uomini. Sant’Agostino esaminati i testi - e ne esamina molti, oltre una sessantina, diceva che: il Signore Gesù Cristo non per altro motivo è venuto alla carne... se non per vivificare, salvare, liberare, redimere, illuminare coloro che prima erano nella morte, nell'infermità, nella schiavitù, nella prigionia, nelle tenebre dei peccati.

Ne segue perciò che nessuno può appartenere a Cristo se non ha bisogno della vita, della salute, della liberazione, della redenzione, dell'illuminazione. A questa conclusione vengono legate le tre proprietà essenziali della redenzione, che sono la necessità, perché nessuno può salvarsi senza Cristo: l'oggettività, perché non consiste solo nell'esempio di virtù da imitare, ma nella riconciliazione con Dio; l'universalità, perché Cristo è morto per tutti gli uomini, nessuno eccettuato.

Notiamo che Agostino deduce la teologia del peccato originale dalla teologia della redenzione e non al contrario, come spesso si pensa. Il peccato originale costituisce una separazione da Dio, perché Cristo ci ha riconciliati con Dio misericordioso. Tutti ne sono partecipi, perché Cristo ha redento tutti; non è solo imitazione del cattivo esempio di Adamo, perché la redenzione non è solo imitazione del buon esempio di Cristo. Due solidarietà dunque, di segno opposto, ma necessariamente collegate, con Adamo e con Cristo. Tutta la fede cristiana consiste propriamente nella causa di due uomini. Uno e uno: uno che porta la morte, uno che dona la vita. Ogni uomo è Adamo, come in coloro che credono ogni uomo è Cristo.

Si ricorda spesso, come argomento di pessimismo, l'espressione agostiniana di massa dannata; ma si dimentica che per Agostino l'umanità è anche massa redenta, cioè riconciliata a Dio che è Amore e Misericordia. Per mezzo di questo mediatore viene riconciliata a Dio la massa di tutto il genere umano da Lui alienata per mezzo di Adamo.  Anzi, sul piano dell'argomentazione teologica il passaggio va dalla massa redenta alla massa dannata, cioè dall'universalità della redenzione all'universalità del peccato: se uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti a causa del peccato, che nei bambini non può essere che il peccato originale. C'è dunque in sant’Agostino un ottimismo di fondo, ancorato alla dottrina cristologica, la quale illumina il mistero della grazia, che si riassume nella duplice solidarietà, con Adamo e con Cristo.

Cristo è redentore perché sacerdote e sacrificio. Cristo fu unto sacerdote non con olivo visibile, ma con l'unzione mistica e invisibile quando il Verbo di Dio si è fatto carne, cioè quando la natura umana... è stata unita al Dio Verbo nel seno di Maria in modo da formare con Esso una sola persona. Cristo ha voluto essere non solo sacerdote, bensì anche sacrificio: per noi al tuo cospetto sacerdote e sacrificio, e in tanto sacerdote in quanto sacrificio. Egli offrì al Padre un sacrificio verissimo, liberissimo, perfettissimo, con il quale ha purgato, abolito, estinto tutte le colpe dell'umanità, riscattandoci dal potere del demonio. Eminentemente rivelativa della logica agostiniana del paradosso è la dialettica cristologica, lungamente trattata nei libri IV e XIII del De Tinitate. Cristo è Salvatore in quanto mediator, identificato con il Padre per natura e con l’uomo per amore, quindi capace di riconciliare con Dio l’uomo (eletto) alienato dal peccato. Quella analogica mediazione dialettica - negli scritti giovanili attribuita alla ratio (assolutizzata e identificata con lo stesso Verum divino), capacità (virtus) di identificare il modus ideale connettendo i contrari ontologici nella comprensione dell’ordine- viene ora riferita unicamente a Cristo, Verbo incarnato, rivelazione dell’assoluta onnipotenza di Dio.[3] Il Cristo è luogo di meditazione della salvezza e di purificazione dell’uomo, in una parola, di giustificazione, che lo conduce alla beatitudine della contemplazione. Ma egli è anche il luogo della manifestazione storica della verità eterna di Dio e più ancora della sua realtà, così che l’uomo può accedere alla conoscenza del Dio trinitario attraverso la via storica che è Cristo stesso.[4]

sac. prof. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Łydek

 

[1] Cf. PETER BROWN, Agostino d’Ippona, Giulio Einaudi editore, Torino 1971, p. 351.

[2] ALLAN FITZGERALD, Agostino dizionario enciclopedico, cit.,  p. 827.
[3] Cf. GAETANO LETTIERI, L’altro Agostino- Ermeneutica e retorica della grazia dalla crisi alla metamorfosi del De doctrina christiana, Morcelliana, Brescia 2001, p. 259.
[4] PIERLUIGI SGUAZZARDO, Sant’Agostino e la teologia trinitaria del XX secolo, cit.,  p. 323.