Secondo quanto riportato dall'agenzia Sana, La Turchia avrebbe iniziato ad attaccare il nord della Siria, con bombardamenti nei pressi del valico frontaliero di Simalka al confine con l'Iraq.

Questa mattina, in risposta alle dichiarazioni di Trump che dopo aver ritirato le truppe americane aveva avvertito la Turchia di "non esagerare", il vicepresidente turco, ad Ankara, ha dichiarato che il suo Paese non si piegherà alle minacce e non rinuncerà ai suoi piani per la Siria.

Quali sono le intenzioni della Turchia?

Erdogan vuole costituire una zona di sicurezza lungo il confine con il territorio siriano, in un'area a prevalenza curda, insediarvi i profughi arabo-siriani ospitati adesso in Turchia e "ripulire dai terroristi" la zona.

Erdogan, quando parla di terroristi, intende le Forze di Difesa del Popolo e delle Donne YPG/YPJ curde e l’alleanza militare multietnica delle Forze Democratiche della Siria (FDS), in pratica coloro che i terroristi dell'Isis li hanno combattuti e sconfitti per davvero, lasciando sul campo 11mila caduti. La Turchia, al contrario, ha cooperato e sostenuto lo Stato Islamico per anni, permettendo che dai propri confini confluissero in Siria jihadisti stranieri, merci e armi, grazie ai quali l'Isis ha potuto costituire il suo califfato.

Con questa invasione, il governo turco vuole insediare nel nord della Siria gran parte dei 3,5 milioni di profughi ospitati in Turchia, costruendo un centinaio di nuove città. In questo modo, Erdogan si libererebbe dei siriani presenti nel suo Paese che adesso il suo popolo non vuole più, modificherebbe la struttura demografica del nord della Siria a prevalenza curda trasferendovi alcuni milioni di arabi ed, infine, risolleverebbe la crisi economica in Turchia, con la speranza di farvi affluire aiuti finanziari internazionali per un nuovo boom edilizio, settore tra l'altro legato al partito di governo AKP.

Alla base di questa invasione, naturalmente, da sottolineare anche l'opportunità per la Turchia di "spazzar via i curdi" presenti nel nord della Siria, espressione usata da Donald Trump, nella conferenza stampa a conclusione del vertice del G20 a Osaka, per descrivere le intenzioni di Erdogan e del suo esercito di 65mila uomini ammassato da tempo a ridosso del confine con la Siria.

Oltre che sul piano umanitario, l'aggressione che la Turchia sta per mettere in atto nei confronti del nord della Siria potrebbe avere anche conseguenze negative sul piano della sicurezza internazionale, perché rischia di far riprendere vigore all'Isis, ormai sconfitto grazie alle forze curde, proprio nel momento in cui sta per essere completamente debellato.