Tutto ha avuto inizio dalle dichiarazioni di un gruppo di deputate  avverse alle uscite poco felici di Amadeus in conferenza stampa che, poi,  sono state estese  al caso Junior Cally.
Tant’è che, ad un certo punto,  è dovuto intervenire il presidente della Rai, Marcello Foa, esprimendo  “forte irritazione per scelte che vanno nella direzione opposta rispetto a quella auspicata.

Il festival – dichiara il presidente della Rai – tanto più in occasione del suo 70esimo anniversario, deve rappresentare un momento di condivisione di valori, di sano svago e di unione nazionale, nel rispetto del mandato di servizio pubblico. Scelte come quella di Junior Cally sono eticamente inaccettabili per la stragrande maggioranza degli italiani”.

Continua poi chiedendo ad Amadeus di “riportare il festival nella sua giusta dimensione”. Il festival, prosegue Foa, dovrebbe “promuovere il rispetto della donna e la bellezza dell’amore. La credibilità di chi canta deve rientrare fra i criteri di selezione. Chi nelle canzoni esalta la denigrazione delle donne e persino la violenza omicida, e ancora oggi giustifica quei testi avanzando pretese artistiche, non dovrebbe beneficiare di una ribalta nazionale”. “Speriamo” conclude il presidente della Rai, “che il direttore artistico, che gode di stima anche per essere persona moderata e di buon senso, sappia riportare il festival nella sua giusta dimensione”. [Fonte Repubblica]

In ballo i testi di Junior Cally reo di cantare parole  sessiste e inneggianti al mancato rispetto nei confronti delle donne.

Il manager dell’artista ovviamente ha subito respinto le accuse di sessismo dichiarando che  “Il rap è arte”.

In questa storia dal sapore vintage, perché non ricordiamo festival che non sia stato esente da accuse di ogni genere, resta l’amara constatazione che il rap è lo specchio di un tempo in cui i ragazzi hanno preso direzioni altre rispetto a quelle delle generazioni passate. Insomma il rap oggi è la fotografia di una moltitudine di ragazzi che non guardano la tv, crescono a forza di youtuber quando non lo sono diventati, amano farsi le canne e mettono in discussione un modello culturale che, oramai, è pieno solo di format televisivi distanti dalla realtà di ogni giorno e, quindi, non li rappresenta.

Per accorgersene basta dare un’occhiata ai programmi del prime time messi a confronto con quelli della seconda serata o della fascia notturna.
Un esempio per tutti lo speciale interamente dedicato a Federico Fellini, in occasione dei festeggiamenti del centenario dalla sua nascita. Invece di essere trasmesso come evento culturale è stato programmato a tarda sera (intorno alla mezzanotte).

Tutto ciò per dire che se la Tv, durante il periodo Sanremese diventa, specchio della realtà, dovrebbe servirci da lezione per cercare di contrastare la deriva che in tale specchio si rappresenta.
Un vecchio proverbio recita: “Chi è causa del proprio male pianga se stesso”.

Continuo a ribadire, sia a me stesso sia a mio figlio, che la TV - a maggior ragione se TV di Stato - deve avere un ruolo fondamentale nella crescita culturale del Paese e non deve diventare il ballo in maschera di culture che da tempo hanno palesato gli effetti negativi di una tv interamente affogata nell’intrattenimento spinto, come nel caso degli Stati Uniti.

Quanto ad Amadeus ha solo la colpa di essere uno dei tanti fili dell’ingranaggio tirato in ballo, chissà forse per virare bruscamente a dritta oppure a manca un “carrozzone” che dopo 70 anni “va(da) avanti da sé”.  Chissà cosa ne pensa Mangiafuoco. Ma, soprattutto, chi è?