Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, questo mercoledì, è intervenuto ad un convegno di Confcommercio, anticipando i temi della prossima manovra che saranno comunque illustrati domani nella presentazione del DEF.
«Stiamo lavorando ad un mix di politiche - ha detto Tria - che mostri a tutti che bisogna avere fiducia nei confronti dell’Italia, non solo sui conti pubblici ma anche sulla crescita.»
Nella scaletta delle priorità, Tria ha dato la precedenza alle clausole di salvaguardia, per cui sono necessari 12,4 miliardi che evitino, da gennaio 2019, l'aumento delle imposte indirette.
Segue la riduzione della pressione fiscale: «Ora si parte dalle imprese, negli anni successivi si aggredirà la questione dell’Irpef.»
Poi, il ministro ha detto che sono prioritarie le misure a sostegno degli investimenti pubblici che «in due o tre anni» dovranno raggiungere quota 3% del Pil.
«Ci saranno interventi per accelerare la giustizia civile e modifiche al sistema degli appalti.»
E per il reddito di cittadinanza? «Al di là delle etichette - ha detto il ministro - il provvedimento aiuterà le imprese a gestire le conseguenze sociali dei processi di trasformazione produttiva.» Evviva l'onestà. Finalmente, al di là della propaganda, si afferma chiaramente che il tanto sbandierato reddito è un sussidio per favorire il reinserimento nel mondo del lavoro... ma solo per alcune persone e non per tutte.
La revisione della legge Fornero, con l'abbassamento dell'età pensionabile, servirà invece ad incentivare un cambio generazionale mettendo a disposizione personale con competenze diverse e più aggiornate alle attuali esigenze delle imprese.
Ma molta importanza è stata data alle parole di Tria quando ha dichiarato che lui sta agendo «nell'esclusivo interesse della nazione» come anche gli altri ministri si sono impegnati a fare giurando di fronte al Capo dello Stato.
«È la prima volta che sto in un governo e ricordo l'emozione di quando ho prestato giuramento, la stessa frase del giuramento ricordava il fatto che giuravo nell'esclusivo interesse della nazione e non di altri. E su questo non ho giurato solo io, evidentemente.
Ovviamente ognuno può avere una visione dell'interesse della nazione – ha proseguito Tria – è questa la responsabilità dei ministri. Come si dice in scienza e coscienza, cercare di interpretare bene questo mandato. Stiamo cercando di farlo, di trovare questo mix di politiche che mostri a tutti che bisogna avere fiducia nell'Italia, non solo nei conti pubblici ma nella crescita e negli investimenti.»
Tutti hanno interpretato queste parole in contrapposizione alle dichiarazioni, scomposte, del Movimento 5 Stelle e, soprattutto, di Luigi Di Maio che non si è risparmiato negli ultimi giorni ad esprimere valutazioni che avevano il carattere di ultimatum nei confronti di Tria che, seppur con eleganza, alla prima occasione non ha esitato a rispondere.
«Si chiede più crescita nella stabilità finanziaria – ha infine concluso Tria – anche perché i due aspetti non possono essere separati: non c’è crescita nell'instabilità. Ci sono molte richieste, tutte che vanno nella direzione della crescita: vanno tutte affrontate con calma, non ho sentito richieste non condivisibili, il problema è che vanno attuate poco per volta.»
E che poi questo sviluppo sia finanziato in deficit, anche senza superare il 3% nonostante però la Commissione Ue parrebbe aver indicato un valore di poco superiore alla metà, lo fa supporre la propaganda in tal senso dei 5 Stelle che, da giorni, usa la Francia come termine di paragone per diffondere tra gli italiani questo concetto: se lo fanno loro, perché non dovremo farlo pure noi?