Il Santo Padre, ieri ha ricevuto in piazza San Pietro circa 50 mila ciellini per il centesimo anniversario della nascita di don Giussani. La delicata transizione dopo il cambio al vertice e il commissariamento dei 'Memores Domini' sta mettendo alla prova questa realtà ecclesiale.

Dopo l'udienza del 2015 che creò disorientamento per “rimproveri” non tanto velati, ieri il Santo Padre è tornato a ricevere Comunione e Liberazione in piazza San Pietro. Molte cose sono cambiate da allora e il Santo Padre ha invitato il Movimento a non ridurre questo "tempo di crisi" al "conflitto", segnato da "divisioni e contrapposizioni", ma, in spirito di unità e fedeli all'insegnamento di Don Giussani, come un'occasione di "rinascita". 

Questo il cuore del discorso:

“So, cari amici, fratelli e sorelle, che non sono per niente facili i periodi di transizione, quando il padre fondatore non è più fisicamente presente. Lo hanno sperimentato tante fondazioni cattoliche nel corso della storia. Bisogna ringraziare padre Julian Carrón per il suo servizio nella guida del movimento durante questo periodo e per aver mantenuto fermo il timone della comunione con il pontificato. Tuttavia, non sono mancati seri problemi, divisioni, e certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più. I tempi di crisi sono tempi di ricapitolazione della vostra straordinaria storia di carità, di cultura e di missione; sono tempi di discernimento critico di ciò che ha limitato la potenzialità feconda del carisma di don Giussani; sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale, come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea. La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla. La crisi fa crescere.

Sicuramente don Giussani sta pregando per l’unità in tutte le articolazioni del vostro movimento; sicuro. Voi sapete bene che unità non vuol dire uniformità. Non abbiate paura delle diverse sensibilità e del confronto nel cammino del movimento. Non può essere diversamente in un movimento nel quale tutti gli aderenti sono chiamati a vivere personalmente e condividere corresponsabilmente il carisma ricevuto. Tutti lo vivono originalmente e anche in comunità. Questo sì è importante: che l’unità sia più forte delle forze dispersive o del trascinarsi di vecchie contrapposizioni. Un’unità con chi e con quanti guidano il movimento, unità con i Pastori, unità nel seguire con attenzione le indicazioni del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, e unità con il Papa, che è il servitore della comunione nella verità e nella carità.

Non sprecate il vostro tempo prezioso in chiacchiere, diffidenze e contrapposizioni. Per favore! Non sprecare il tempo!”


Abbiamo chiesto un giudizio a Giancarlo Restivo, autore letterario e responsabile di differenti opere, appartenente al movimento:

“Intanto io non appartengo al movimento, io appartengo a Cristo, quindi alla Chiesa, semmai io faccio il movimento, cioè mi muovo, vivo! E dire così è un’altra cosa! 

Per il resto, posso dire solo di me. Ieri il Papa è stato credo molto chiaro. E io mi sono fatto due domande e ho cercato di darmi tre risposte. 

Chi sono, a chi appartengo? Questa è una bella provocazione, in quanto uno è ciò che ama! E appartiene a ciò che ama, perché la sua libertà lì consiste! E poi… Quello di cui tutta le mie fibre hanno passione, emerge? Si comunica, traspare? 

Quando siamo innamorati di Qualcuno, si vede, diremmo è auto-evidente! Quindi questo è il primo aspetto su cui invito me stesso a riflettere. C’è da capire se da me emerge la proposta della forma di un’esperienza oppure il cuore dell’Avvenimento dell’incontro che mi ha cambiato! Direi che c’è una bella differenza, la prima annoia, non interessa a nessuno, perché scontata e la seconda appassiona perché permette di rispondere ai drammi della realtà, anzi la rende nuova!

Il secondo punto è che è un giudizio che si verifica nell’ambiente di tutti i giorni, famiglia, lavoro, amici, sport. In quei luoghi spendo il maggior tempo della vita. Chi sono si vede lì, non se frequento parrocchie, innumerevoli incontri culturali o sono amico di tanti preti (con tutto il bene che gli voglio). Questi sono ambiti in cui prendo coscienza di me, ma si viene fuori vivendo la vita, rispondendo a quello che accade! 

La vita è un susseguirsi di drammi, dolore e problemi, e ciò che mi tiene in piedi deve consentirmi di starci di fronte! A volte, parrocchie e incontri culturali potrebbero essere anche una scusa per comode riflessioni sociologiche, dei punti di fuga che con la vita non hanno nulla a che fare.

Terzo punto, nella vita si sta in partita in squadra! La Chiesa è un corpo fatto di tante membra, e perciò non si abbraccia l’ambiente in solitaria, ma con tutta la compagnia possibile. Chi incontro e fa con me un pezzo di strada è già compagnia, se condivide con me la stessa ricerca di bellezza, di verità, di giustizia (se cristiana di chiama fraternità o addirittura fratellanza)!

A esempio, se guardo a me, tutti i miei amici sono chiamati a stare con me ogni dove. Perché che amicizia è se ci si vede solo a parlare del più e del meno? Con gli amici ci si impasta sul Destino, ci si appartiene, e appartenendosi si trasmette un’unità che sconvolge chi la vede! Ma questo accade solo seguendo una guida certa! Ne parlavo l’altra sera prendendo una birra con il mio Commendatore dei Cavalieri Templari Cattolici, la sequela all’autorità è il fondamento della certezza della strada! Senza guardare ad un Padre non si va da nessuna parte.

Perciò grati della strada tracciata dal Papa, non perdiamo tempo a rimuginare, coscienti che “Non c’è amor più grande che dare la vita per i propri amici!”. La Chiesa affascina dopo duemila anni, perché è questo posto qui!”