Emilia Romagna, Campania, Puglia, Toscana e Sardegna si preparano a promuovere un referendum abrogativo contro la legge sull'autonomia differenziata. L'iniziativa mira a dare voce ai cittadini, permettendo loro di esprimersi su una normativa che potrebbe avere un impatto significativamente negativo sul futuro assetto istituzionale del Paese.

L'autonomia differenziata è un principio previsto dalla Costituzione italiana (art. 116, terzo comma) che consente alle regioni di ottenere ulteriori forme di autonomia nelle materie di competenza concorrente e in alcune di competenza esclusiva dello Stato. Questo principio, pur essendo già parte dell'ordinamento, è stato oggetto di un dibattito politico e sociale, sollevando preoccupazioni su potenziali disparità tra le regioni più ricche e quelle meno sviluppate, anche a causa di quanto sta accadendo in matria di sanità.

Le cinque regioni promotrici del referendum, tutte amministrate da coalizioni di centro-sinistra, hanno espresso preoccupazioni condivise riguardo agli effetti della nuova legge scritta da Calderoli. Tra i principali punti critici segnalati ci sono:

Disuguaglianze territoriali
Si teme che l'autonomia differenziata possa ampliare il divario tra le regioni economicamente più forti e quelle più deboli, accentuando le disuguaglianze in termini di risorse e servizi.

Centralità dello Stato
Sottolineano l'importanza di mantenere un forte ruolo centrale dello Stato nella redistribuzione delle risorse, per garantire un'equità di base su tutto il territorio nazionale.

Efficienza e coesione sociale
Dubitano che un sistema di autonomie differenziate possa essere più efficiente nel lungo termine, evidenziando il rischio di una frammentazione amministrativa che potrebbe complicare la governance nazionale.

Per avviare un referendum abrogativo, le regioni devono raccogliere almeno 500.000 firme oppure ottenere il supporto dei consigli regionali, un traguardo che Emilia Romagna, Campania, Puglia, Toscana e Sardegna non dovrebbero avere difficoltà ad ottenere. Il percorso prevede poi la valutazione della Corte Costituzionale sulla legittimità del quesito referendario.

Dalla società civile arriva il sostegno dei movimenti, come ne è riprova la nota diffusa da Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, che commenta così la notizia dell'impegno delle 5 Regioni di centrosinistra (a cui se ne potrebbero unire anche altre):

"Apprezziamo l'impegno che cinque Regioni - Emilia Romagna, Campania, Puglia, Toscana e Sardegna - stanno mettendo in campo per promuovere il referendum abrogativo della legge appena approvata sull'autonomia differenziata. E consideriamo un segnale positivo che anche quelle governate da partiti di maggioranza si stiano interrogando sulle conseguenze di questa legge, in assenza di misure di contenimento e garanzia. Come Cittadinanzattiva avevamo caldeggiato tale mobilitazione, perché la consideriamo un atto forte di responsabilità da parte delle istituzioni regionali e soprattutto uno strumento per attivare la partecipazione diretta dei cittadini ad una riforma che finora li ha esclusi da qualsiasi forma di dibattito. Consideriamo, parallelamente, la possibilità di essere tra i soggetti promotori di un referendum sul tema e di partecipare attivamente alla raccolta delle firme delle cittadine e dei cittadini sul territorio. Sono anni che ci battiamo contro le disuguaglianze, che temiamo diventino irreparabili qualora si proceda in questa direzione. Quella sull'autonomia differenziata, oltre ad essere una legge rischiosa, è innanzitutto una legge anacronistica, perché arriva in un momento in cui, pur permanendo forti differenze territoriali nell'accesso ai servizi pubblici, tutte le Regioni appaiono in affanno, anche quelle considerate più efficienti. Per esempio, per quanto riguarda la salute dei cittadini, le regioni settentrionali corrono gli stessi rischi di desertificazione sanitaria di quelle meridionali, quasi tutte sono estremamente deboli nelle risposte di assistenza territoriale, molte devono la loro eccellenza alla forza dei servizi privati piuttosto che al rafforzamento di quelli pubblici.D'altro canto, alcune Regioni considerate più fragili stanno migliorando i loro servizi ma, privati di risorse o di interventi di tipo perequativo, rischiano di fare brutti passi indietro. E anche in tema di innovazione la frammentazione non è di aiuto: è degli scorsi giorni la notizia che il garante della Privacy ha avviato procedimenti nei confronti di 18 Regioni e delle 2 Province autonome perché nell'implementazione del Fascicolo sanitario elettronico ha riscontrato difformità che non garantiscono i diritti dei cittadini in maniera uniforme in tutto il Paese.La nostra proposta è in linea con la Costituzione: prima si definiscano i Livelli essenziali delle prestazioni, si stanzino le risorse necessarie comprese quelle perequative nei confronti delle Regioni più fragili, si normino i tempi di aggiornamento dei Lep e le conseguenti dotazioni di risorse; e solo con questi elementi di garanzia, ben definiti e regolati, si può mettere mano a procedura e intese, definendone in ogni caso il perimetro. La Costituzione infatti prevede forme particolari di autonomia sulle materie di tutela concorrente, non la devoluzione di tutte e 23 le materie per intero alle Regioni. L'esperienza dei Lea, del loro mancato aggiornamento e, di conseguenza, della loro mancata applicazione ci fa dire che l'iter corretto, anche per l'autonomia differenziata, sarebbe questo, e solo questo.Per questo, daremo il nostro contributo per favorire il dibattito e mettere in campo le misure necessarie contro il regionalismo asimmetrico: non di asimmetrie hanno bisogno i diritti dei cittadini in una fase difficile come l'attuale, ma di politiche organiche e tese agli stessi obiettivi di sviluppo dell'intero Paese".



Crediti immagine: Partito Democratico