I nomi per per indicarla sono diversi: Belt and Road Initiative (BRI) oppure One Belt One Road (OBOR) oppure via della seta. Si tratta di un mega piano di investimenti infrastrutturali che la Cina ha iniziato a porre in atto per collegarsi via terra all'Olanda (Rotterdam) e via mare all'Italia (Venezia o Trieste).

Di questo argomento, soprattutto, il nostro Governo dovrà discutere con il presidente cinese Xi Jinping, la cui presenza è prevista in Italia dal 21 al 24 marzo.

La via della seta è una questione che nelle ultime ore è balzata all'attenzione della cronaca italiana perché rischia di diventare un nuovo punto di contrasto all'interno del governo giallo-verde, anche dopo l'altolà ricevuto da Washington sul tema.

Per farla breve, i grillini sarebbero favorevoli all'opera, i leghisti meno. Ma anche nel campo di "Pontida" non ci sarebbe un punto di vista univoco, con Salvini che però non sarebbe convinto dell'iniziativa.

L'amministrazione Trump, ieri aveva invitato il nostro Paese a negare i suoi porti come terminal di arrivo via mare alla BRI. Finora, va ricordato, nessun Paese del G7 si è entusiasticamente espresso nei confronti del piano cinese, nutrendo più di una perplessità sugli accordi ad esso collegati. Infatti, mentre da una parte Pechino farebbe investimenti importanti, dall'altra sono da valutare gli impegni chiesti in cambio, sia dal punto di vista politico che commerciale.


Sull'argomento, quest'oggi, è intervenuto il ministro dell'Economia Giovanni Tria che da Bruxelles, dove è impegnato per una riunione dell'Ecofin, ha dichiarato: «Si sta facendo, credo, una gran confusione su quest'accordo, che non è un accordo, ma un "memorandum of understanding".

Da quello che so, si ribadiscono principi di collaborazione di cooperazione economica e commerciale che sono presenti in tutti i documenti europei. Ovviamente, nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata, e questo non sarebbe neanche nelle competenze italiane, dato che il commercio internazionale è una competenza europea. Credo che si stia facendo un po' una tempesta in un bicchier d'acqua.

Detto questo, forse bisogna tranquillizzare, tenere conto di alcune preoccupazioni, ma credo che si stia creando un po' di confusione attorno a questa cosa.

La "Belt and Road" - ha concluso Tria - è un'iniziativa partita nel 2013: essenzialmente è una grande visione di cooperazione economica e di connessione attraverso infrastrutture fra l'Europa e l'Asia. Di per sé è chiaro che è una visione positiva... poi ognuno la interpreti come vuole».


È proprio questo il punto. Gli americani non sono favorevoli all'opera perché, dovunque approdi in Europa, vedrebbero comunque quella via come una minaccia per i loro rapporti commerciali con il nostro continente... e non solo. Sono anche le contropartite infrastrutturali a preoccupare. Ad esempio, gli Usa hanno invitato la Germania a non utilizzare la cinese Huawei per creare la nuova rete 5G, pena una minore condivisione delle informazioni sulla sicurezza.

E che dire poi delle contropartite di natura politica che la Cina, quasi sicuramente, potrebbe voler far pesare in un eventuale accordo con il nostro Paese, senza poi mettersi a fantasticare sulle possibili conseguenze di natura economica che la via della seta potrebbe avere sugli italiani. Infatti, visto che il nostro Paese potrebbe aumentare l'export di prodotti alimentari verso la Cina, i produttori nostrani potrebbero avere più convenienza ad indirizzare la loro merce di qualità all'estero piuttosto che in Italia, a meno di non aumentare i costi di vendita anche nel nostro mercato, con ripercussioni che non sarebbero certo favorevoli ai consumatori italiani.


Quindi, come si può capire da queste premesse, anche la via della seta rischia di diventare un nuovo elemento di contrasto all'interno del Governo.