Si riaccendono i motori della protesta nel mondo agricolo italiano. Centinaia di trattori sono pronti a invadere la capitale il 5 marzo con una manifestazione nazionale per chiedere al governo il riconoscimento dello stato di crisi del comparto agricolo.
L'ultima scintilla che ha fatto riaccendere la protesta è stata l'inerzia delle istituzioni di fronte alle richieste avanzate negli ultimi mesi, tra calamità naturali, concorrenza sleale e il rischio di un collasso del Made in Italy.
Il CoAPI - Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani - ha annunciato la mobilitazione durante una conferenza stampa a Roma, sottolineando come la protesta sia partita dal basso. «Abbiamo iniziato un percorso che coinvolge sindaci, Regioni e cittadini», ha spiegato il portavoce Elia Fornai, ricordando il fallimento dei precedenti tavoli di confronto con il Ministero. «Lo scorso anno ci promisero ascolto, ma nei fatti non è cambiato nulla. Ora servono azioni concrete, non parole».
Ad affiancare la richiesta di stato di crisi c'è anche la necessità di un'alleanza con i consumatori, come ha ribadito Angelo di Stefano di Altra Agricoltura: «Non contiamo i trattori in strada, ma il sostegno delle istituzioni locali e dei cittadini. Se il governo non interviene, rischiamo di vedere il nostro agroalimentare sostituito da prodotti stranieri di bassa qualità».
La tensione è palpabile anche al Nord, dove una colonna di trattori ha raggiunto Palazzo Pirelli, sede della Regione Lombardia, per poi presidiare piazza Duca D'Aosta, davanti alla stazione Centrale di Milano. «Lo stato di calamità per le piogge eccessive ci ha lasciati senza raccolti e senza foraggio per gli animali», denuncia Filippo Goglio, presidente di Riscatto Agricolo Lombardia. «Se non interveniamo, ad aprile non avremo prodotti e saremo costretti a macellare il bestiame».
Goglio ha poi affermato che il 35% delle aziende agricole lombarde potrebbe chiudere, accelerando così la dipendenza dall'estero. «Paesi come Algeria, Turchia o Sud Africa stanno invadendo i nostri mercati con derrate a basso costo e qualità discutibile, grazie a lobby potenti. Vogliamo che i cittadini scelgano il nostro cibo, prima che sia troppo tardi».
Presidi sono già presenti alle porte di Roma, con gli agricoltori che chiedono misure urgenti: dall'indennizzo per i danni climatici alla revisione delle politiche sui prezzi, fino a norme più severe contro l'importazione di prodotti che non rispettano gli standard europei.
«La manifestazione del 5 marzo è un ultimo tentativo di dialogo», avverte Fornai. «Se le istituzioni continueranno a ignorarci, valuteremo forme di protesta più incisive».
Intanto, la mobilitazione cerca di coinvolgere l'opinione pubblica, consapevole che senza il sostegno dei consumatori, la battaglia per la sovranità alimentare italiana potrebbe essere persa in partenza.
Quella degli agricoltori non è solo una lotta per la sopravvivenza delle aziende, ma una sfida per preservare un settore strategico dell'economia e dell'identità nazionale. Se le istituzioni non risponderanno con i fatti, il rischio è quello di un'Italia costretta a comprare all'estero ciò che non riesce più a produrre in Italia.
Che cosa dice al riguardo il ministro dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare? Per ora nulla... tace.