«Chi conosce città come Roma sa benissimo che ci sono condizioni precarie di sicurezza interna, che questi giri di droga, spaccio, violenza, purtroppo, sono all'ordine del giorno in certi quartieri e anche in centro. E che i nostri uomini e donne in divisa faticano ogni giorno, si prendono minacce, insulti di ogni tipo, persino sputi e attacchi fisici e se reagiscono, se solo provano a difendersi, c'è pure qualcuno poi pronto a puntare il dito, qualcuno pronto a giudicarli.

Così non può essere!

Io non so di chi sia la colpa, questo non sono io a doverlo stabilire. Oggi c'è un Paese che piange un suo militare, un uomo d'onore, un uomo buono, una persona perbene, che aveva dedicato la sua vita alla giustizia e alla legalità. Un uomo impegnato anche nel volontariato, che era sempre al servizio di chi ha più bisogno. Ma si è ritrovato a combattere da solo e non ce l'ha fatta.
Mario non se ne doveva andare. E oggi lo Stato deve farsi un grande esame di coscienza».


A chi si volesse rivolgersi con queste parole il vicepremier e capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio è impossibile capirlo, anche perché è impossibile capire le strategie e la comunicazione di quel movimento, specie negli ultimi tempi, come dimostra la spiegazione dell'assenza dei parlamentari 5 Stelle al Senato durante l'intervento del premier Conte per parlare dello scandalo Russia Lega.

In ogni caso, che Di Maio ne sia consapevole o meno, i destinatari del suo messaggio erano due. Il primo sicuramente lo Stato, dato che è tirato direttamente in ballo. Ma lo Stato, che Di Maio ne sia consapevole o meno, non è un'entità astratta, ma la somma delle istituzioni che lo rappresentano. Tra queste, vi è anche e soprattutto il Governo, con i ministri che ne fanno parte... il premier, i vicepremier, il ministro dell'Interno, quello della Difesa, quello Esteri, quello del Lavoro e dello Sviluppo Economico...

In pratica, Di Maio ha tirato in ballo se stesso per non essere stato in grado di dare a coloro che tutelano l'ordine e la sicurezza gli strumenti e i mezzi necessari per farlo senza dover mettere a repentaglio la loro vita, almeno non più di quanto fossenecessario.

Una persona che scrive quello che ha scritto Di Maio non dovrebbe far altro che prendere coscienza della propria inadeguatezza e/o di quella dei ministri del Governo di cui fa parte e trarne le conseguenze... dimettendosi!

Ma questo non lo ha detto.

L'altro destinatario delle prole di Di Maio è la sindaca di Roma, la 5 Stelle Virginia Raggi. Se Di Maio la voleva scagionare da qualsiasi responsabilità per la morte del vicebrigadiere Cerciello, ha ottenuto l'effetto contrario. Infatti, se la situazione dell'ordine pubblico a Roma è quasi fuori controllo come fanno intendere le parole di Di Maio è responsabilità della sindaca non averlo denunciato, in tempo e con forza, ai rappresentanti del Governo con cui quasi giornalmente dialoga.

Rimane un ultimo dubbio ed è quello relativo al fatto che Di Maio sia consapevole della gravità di quanto ha dichiarato. La sensazione è che non se ne sia neppure reso conto.