La Lega torna a mettere al centro del dibattito politico uno dei suoi cavalli di battaglia: le pensioni. Dopo il successo ottenuto con l’introduzione di Quota 100, il Carroccio sembra intenzionato a rilanciare la questione, proponendo una nuova riforma che garantisca maggiore flessibilità nel pensionamento senza penalizzazioni per i lavoratori. In un contesto di crescente incertezza economica e con una popolazione che invecchia, il tema della pensione è sempre più cruciale. Ma cosa possiamo aspettarci da questo governo che aveva impostato la sua campagna elettorale sul superamento della Legge Fornero? La promessa era quella di dare maggiore libertà ai lavoratori, senza penalizzarli, ma anche senza compromettere la sostenibilità del sistema previdenziale.
Proprio in questi giorni il governo ha confermato il blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile, misura che avrebbe dovuto entrare in vigore nel 2027, secondo la normativa vigente che prevede un adeguamento in base all’incremento della speranza di vita. Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon della Lega, ha ribadito l’impegno dell’esecutivo a sterilizzare l’aumento, confermando quanto già annunciato nei mesi precedenti dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Nel 2024, la speranza di vita a 65 anni è salita a 21,2 anni, e in base ai parametri attuali, l’età pensionabile sarebbe dovuta salire a 67 anni e tre mesi nel 2027. Inoltre, il requisito contributivo per la pensione anticipata sarebbe aumentato a 43 anni e un mese per gli uomini e 42 anni e un mese per le donne. Tuttavia, il governo ha deciso di intervenire per evitare che l’adeguamento dell’età pensionabile segua automaticamente l’aumento della speranza di vita. L’obiettivo è mantenere l’età pensionabile a 67 anni e il requisito per la pensione anticipata invariato a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dai cambiamenti della speranza di vita.
Questa scelta è vista come una misura necessaria per evitare che i lavoratori debbano affrontare un ulteriore allungamento della loro carriera, soprattutto in un contesto in cui la vita lavorativa sta diventando sempre più difficile per i lavoratori dipendenti.
È ormai chiaro che la pensione non è un favore, ma un diritto acquisito, che i lavoratori italiani vogliono esercitare da vivi, in una società in cui la speranza di vita, pur aumentando, resta un’incognita che solo il Padreterno conosce, altro che Istat e studi di settore!
Il dibattito sulla riforma previdenziale coinvolge anche i sindacati, che sono preoccupati per la sorte di circa 44.000 lavoratori, che potrebbero trovarsi “esodati”, ossia senza stipendio né pensione per alcuni mesi. Questo riguarda coloro che hanno già firmato accordi aziendali per lasciare anticipatamente il lavoro, prevedendo il congelamento degli attuali requisiti. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha sottolineato che, sebbene il congelamento sia stato promesso, non è ancora stato concretizzato.
La riforma previdenziale si inserisce in un contesto più ampio, con previsioni che indicano un aumento della spesa pensionistica, che passerà dal 15,4% del Pil nel 2024 al 17,1% nel 2040. Il governo, pur cercando di evitare l’insostenibilità del sistema, dovrà fare i conti con l’equilibrio tra la sostenibilità economica e i diritti dei cittadini. Secondo le proiezioni, nel 2040 l’età pensionabile potrebbe arrivare a 68 anni e nel 2051 addirittura a 70 anni. Tuttavia, il ministro Paolo Zangrillo ha ribadito la necessità di trovare un compromesso che garantisca il sistema senza penalizzare i lavoratori.
La situazione, dunque, richiede una riforma previdenziale che assicuri un pensionamento dignitoso, in linea con le ultime buste paga dei lavoratori, senza continuare ad aumentare l’età pensionabile in modo automatizzato. La pensione deve tornare ad essere un diritto, un traguardo che i lavoratori possono raggiungere con serenità e giustizia, possibilmente da vivi, e non una concessione a cui dover dire grazie.