Sabato 28 maggio si è aperta a Venezia, ai Giardini e all'Arsenale, la 15. Mostra Internazionale di Architettura, diretta da Alejandro Aravena e organizzata dalla Biennale di Venezia. La Biennale Architettura 2016, che ha come titolo REPORTING FROM THE FRONT, rimarrà aperta fino al 27 novembre 2016.

Gli architetti presenti quest'anno alla mostra hanno voluto presentare progetti la cui finalità è quella di migliorare la vita delle persone, per dimostrare le possibilità che l'architettura offre per rispondere alle sfide poste dalla diseguaglianza e dalla povertà nel mondo.

Il direttore della mostra, il cileno Alejandro Aravena, conosciuto per il suo impegno sociale e vincitore quest'anno del prestigioso premio Pritzker, considerato il Nobel dell'architettura, ha invitato sulla laguna 88 architetti provenienti da 37 paesi. 50 partecipano per la prima volta e ben 33 hanno meno di 40 anni.

In un incontro con la stampa, Aravena ha tenuto a sottolineare alcuni esempi positivi, che a suo parere servono a vincere la battaglia per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone, soprattutto degli esclusi, degli indigenti, dei senzatetto e dei migranti. "Si parla di storie che hanno avuto successo,", ha detto il cileno, " e che meritano di essere raccontate, e per le quali l'architettura ha fatto, fa e farà la differenza per vincere queste battaglie ed espandere le frontiere."

La maggior parte dei progetti esposti sono stati realizzati con materiali poveri (pietra, legno, cemento) e rappresentano il lavoro quotidiano dell'architetto, soprattutto in termini di sintesi.

"Alejandro Aravena con questa Biennale ci dimostra che queste battaglie possono essere vinte", ha affermato Paolo Baratta, presidente della Biennale veneziana.

Fra i padiglioni dei singoli paesi, da ricordare l'Italia, che propone venti progetti per il bene comune, la Russia, che racconta come parchi di divertimenti del periodo sovietico sono stati tarsformati in luoghi di cultura, e gli Stati Uniti, che hanno mostrato, a scopo provocatorio, decine di progetti speculativi per la città di Detroit, simbolo di un'industria in crisi.

Non mancano alla mostra gli archistar, primo fra tutti l'italiano Renzo Piano, ma anche gli inglesi Richard Rogers e Norman Forster, oltre al giapponese Kazuyo Sejima.

Ma degne di menzione sono anche le realizzazioni di architetti meno famosi, come quella denominata "Warka Water" dell'italiano Arturo Vittori, che ha presentato una torre fatta di bambù e plastica biodegradabile, destinata a raccogliere l'acqua pluviale, la rugiada e la nebbia, ispirata ad un albero presente in Etiopia.

Il messicano Juan Casillas si è servito dell'aiuto dei giovani per costruire a Ciudad Juarez, una delle città più violente del mondo, delle case ecologiche, realizzate con materiali biodegradabili.