Gli iracheni, soprattutto i giovani, hanno dato un anno di tempo ad Abdul Mahdi, diventato primo ministro poco più di 12 mesi fa, nel realizzare le riforme promesse. Dopo aver visto che queste non si sono concretizzate, in Iraq sono iniziate le proteste.

Il 1 ottobre i giovani iracheni sono così scesi in piazza per manifestare la loro rabbia contro la corruzione dilagante, la mancanza di servizi e l'enorme livello di disoccupazione, riempiendo le strade di Baghdad.

Il governo ha cercato di reprimere la protesta con la violenza, tanto che dopo la prima ondata di manifestazioni durata sei giorni, ed estesasi ad altre città dell'Iraq, sono stati 149 i morti.

A quel punto, Abdul Mahdi ha promesso di modificare la composizione del governo, di tagliare gli stipendi agli alti funzionari e di mettere in atto piani di sviluppo per l'occupazione, soprattutto quella giovanile.

Ma i manifestanti hanno valutato i provvedimenti insufficienti e a fine ottobre sono tornati in piazza.

Così anche nelle scorse ore, Baghdad era invasa da una folla che ha bloccato le principali arterie della capitale, sfidando il coprifuoco imposto dal Governo.

Gli studenti hanno organizzato sit-in nelle scuole, mentre gli uffici pubblici sono rimasti chiusi, nonostante domenica sia il primo giorno di lavoro della settimana.

I manifestanti hanno bloccato, infatti, le principali vie di comunicazione di Baghdad con l'intento di impedire agli impiegati pubblici di raggiungere i loro uffici, paralizzando così la macchina burocratica dello Stato. La stessa protesta ha avuto luogo in altre città irachene a sud della capitale.

Lo scopo è quello di costringere l'attuale governo a rassegnare le dimissioni. Ma le forze politiche irachene sarebbero poi in grado di trovare un'alternativa? L'Iraq è un fragilissima democrazia dove gli equilibri sono in bilico perenne tra divisioni tribali, etniche e religiose.

Intanto, il numero delle vittime dall'inizio degli scontri ha superato le 250.