Lucia De Sanctis intervista il criminologo Vincenzo Musacchio.
Professore, che ne pensa della mancata cattura del capo di “Cosa Nostra” Matteo Messina Denaro?
Ritengo sia molto grave che in una democrazia evoluta come la nostra ci siano state e ci siano a tutt’oggi latitanze di boss mafiosi della durata di oltre quarant’anni. Bernardo Provenzano fu latitante per ben quarantatré anni, mentre Matteo Messina Denaro, condannato all’ergastolo, lo è da circa trenta. In un vero Stato di diritto simili situazioni non possono essere soltanto attribuibili a un’ipotizzabile incapacità delle nostre istituzioni, poiché questo significherebbe che non siamo più in grado di combattere la criminalità organizzata, il che peraltro non corrisponde al vero. Latitanze così longeve godono inevitabilmente di coperture politiche di pezzi deviati delle nostre istituzioni corrotte. Non è normale che i migliori investigatori d’Europa e un’apprezzabile magistratura, corroborata da una pur sempre efficace legislazione antimafia, non siano riusciti a catturare un latitante per ben oltre quarant’anni e non riescano a catturarne un altro da circa trent’anni.
Secondo lei cosa garantisce concretamente a Messina Denaro una simile latitanza?
I grandi boss mafiosi (di camorra, ndrangheta e mafia siciliana) coltivano il loro potere soprattutto grazie all’enorme disponibilità economica di cui godono. Messina Denaro ha un’ulteriore dote che è quella di poter gestire segreti e misteri, per riuscire a conservare l’essenza di una Cosa Nostra capace di adattarsi a tutte le circostanze, pur di mantenere la propria egemonia sul territorio. I grandi latitanti creano un sistema di protezione che prevede la piena condivisione di certi valori rispetto a uno Stato totalmente irreperibile. La vera grande forza delle mafie è all’esterno della loro organizzazione criminale e questo Messina Denaro lo sa benissimo.
La trasmissione Report ha sollevato il dubbio sul fatto che l’Agenda Rossa di Paolo Borsellino sia nelle mani di più soggetti tra cui anche Matteo Messina Denaro, lei che ne pensa?
Stiamo parlando ovviamente delle dichiarazioni di Salvatore Baiardo, fiancheggiatore della latitanza dei fratelli Graviano. A dir suo l’agenda sarebbe nelle disponibilità dei Graviano ma anche in quelle di Matteo Messina Denaro. Naturalmente non posso sapere se queste affermazioni corrispondano al vero. Se però fossero attendibili e riscontrabili, allora quell’agenda potrebbe costituire un mezzo di ricatto per alcune personalità delle nostre istituzioni deviate poiché conterrebbe, a mio avviso, indizi e prove sulle stragi di Capaci e di Via D’Amelio.
Secondo lei quanto sarebbe importante catturare Matteo Messina Denaro?
Sarebbe importantissimo poiché lo Stato dimostrerebbe di essere più forte della mafia. Crollerebbero un mito e un simbolo di potere e di complicità a ogni livello. Arrestare Messina Denaro significherebbe infliggere un colpo non indifferente a quella nuova mafia che si è ormai pienamente integrata nella politica, nell'economia e nella finanza e vive di complicità con quell’area grigia che la rende più invisibile e meno contrastabile. Messina Denaro oggi simboleggia con la sua latitanza questa nuova criminalità organizzata. Sia chiaro che il suo arresto non determinerà nessuna sconfitta per la mafia poiché “morto un Papa se ne elegge subito un altro”.
Professore cosa pensa del fatto che pochi giorni fa tanti giovani si sono riuniti scandendo slogan contro la mafia, nel Parco di Selinunte a Castelvetrano, proprio nel regno del boss latitante Matteo Messina Denaro?
Sicuramente non è un evento da biasimare, tuttavia ritengo che non siano questi eventi che preoccupano i mafiosi. L’impegno contro la mafia che fa davvero paura ai mafiosi è quello quotidiano in cui si dimostra da che parte si sta ogni giorno che passa, facendo il proprio dovere e denunciando mafia e mafiosità. Un ruolo decisivo in questa lotta lo fa chiunque faccia il proprio dovere ogni giorno, costi quel che costi com’era solito dire Giovanni Falcone.
Cosa si potrebbe fare per catturare finalmente questo simbolo del passaggio dalla mafia stragista a quella più diplomatica?
I romani quando assediavano le città da conquistare come arma privilegiata utilizzavano quella dell’interruzione di acqua e viveri. Gli assediati dopo pochi giorni erano costretti ad arrendersi. Questa tecnica si dovrebbe applicare al caso di cui discorriamo. Basterebbe interrompere gli intrecci con la politica, l’economia, la finanza e tutta quell’area grigia che lo protegge per aprire un varco che porterebbe con grande facilità alla sua definitiva cattura. Il problema probabilmente è che Messina Denaro conosce bene qual è quella parte di Stato deviata che ha partecipato alla stagione stragista, conosce i nomi e i cognomi che probabilmente oggi hanno ancora interesse a proteggerlo e a favorirne la latitanza. La sua latitanza finirà quando qualcuno deciderà di farla terminare.
Lei è ottimista in merito al suo arresto?
Sono realista e credo che presto sarà arrestato anche lui com’è accaduto per Riina, Provenzano e per tutti i grandi latitanti della storia della mafia italiana.
Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.