Luigi Di Maio, 5 Stelle, questa mattina è tornato sulla polemica iniziata ieri per il fatto che 5 parlamentari hanno fatto ricorso al bonus da 600 euro stanziato dal governo per l'emergenza Covid.
Dalla lettura dei giornali di questa mattina emerge un quadro sconcertante. Oltre ai 5 deputati furbetti, ci sarebbero altri 2000 politici tra amministratori locali e regionali in tutta Italia ad aver fatto richiesta del bonus partita Iva destinato ai liberi professionisti in difficoltà per l’emergenza Covid. Siamo davanti a fatti di una gravità assoluta. I nomi devono essere resi pubblici. Gli italiani hanno il diritto di sapere chi ha tradito la loro fiducia. Questa gente non deve più avere l’occasione di rivestire una carica pubblica. Deve essere allontanata dallo Stato, deve essere punita. Hanno remato contro il Paese nel momento più difficile. Hanno offeso la nostra bandiera, hanno offeso la memoria di chi non ce l’ha fatta. Hanno macchiato il nome dell’Italia nel mondo ed è giusto che paghino. Non possono e non devono passarla liscia.Tra i 5 deputati leggo che ci sarebbe anche un esponente dei 5 Stelle. Non mi importa da quale forza politica provengano, so soltanto che questi 5 deputati non possono più rappresentare le istituzioni. Così come hanno avuto il coraggio di prendersi un bonus di 600 euro guadagnando uno stipendio di 13mila euro netti al mese, adesso abbiano il coraggio di uscire allo scoperto. Abbiano il coraggio di mostrarsi agli italiani.Sono pronto ad aderire all’idea lanciata da Vito Crimi sulla rinuncia alla privacy così da autorizzare l’INPS a pubblicare i nomi. Facciano lo stesso tutti i parlamentari di ogni forza politica. Il mio è un appello rivolto a tutti i leader dei partiti: chiedano ai loro eletti di rinunciare alla privacy e permettano all’INPS di rendere pubblici i nomi di questi approfittatori. E nessuno pensi di scaricare proprie colpe su altri, mettendo di mezzo ad esempio i commercialisti per salvarsi.È il momento di scegliere da che parte stare. Se dalla parte degli italiani o della casta. Noi abbiamo già scelto. Mi aspetto un coro unanime: questa gente deve andare a casa. Questa gente è il male dell’Italia e, se vogliamo davvero voltare pagina, va combattuta con tutte le nostre forze.
Come ricorda Di Maio, "oltre ai 5 deputati furbetti, ci sarebbero altri 2000 politici tra amministratori locali e regionali in tutta Italia ad aver fatto richiesta del bonus". A questi appartiene anche una consigliera del Movimento 5 Stelle eletta al Comune di Milano, Anita Pirovano, che sul proprio profilo social ha così giustificato la scelta di richiedere il bonus, di cui certo non si pente:
Dalle prime indagini sarebbe emerso che i cinque di Montecitorio sarebbero tre deputati della Lega, uno del Movimento 5 Stelle e uno di Italia Viva. Inoltre, nella vicenda sarebbero coinvolti addirittura duemila persone tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, governatori e sindaci. Apprendo dunque da Repubblica online che sarei coinvolta (!) nello scandalo dei “furbetti del bonus” e mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei. Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e - addirittura - ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza. In più ho studiato fino al dottorato e all’esame di Stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere “più utile” alla società che in consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace). Infine e soprattutto pur non cedendo alle sirene antipolitiche, ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere “più libera” nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto. Come tanti mi indigno - perché è surreale - se un parlamentare in carica fruisce di ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito.Tutto ciò premesso qualcuno - magari anche più lucido e meno incazzato di me - mi spiega perché da lavoratrice (e la politica non è un lavoro per definizione) non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno destinata ai lavoratori perché faccio anche politica? Considerato ovviamente che pur lavorando tanto ed essendo componente di un’assemblea elettiva (il che non mi garantisce nè un’indennità nè banalmente i contributi Inps) ho un reddito annuo dignitoso e nulla di più. Mi arrabbio ancor più se penso che nel calderone dei 2.000 probabilmente sarà stato tirato in causa anche qualche sindaco (accomunato ai parlamentari o ai consiglieri regionali dal comune impegno politico, ma non dal conto in banca) di un piccolissimo comune con una grandissima responsabilità pubblica e un’indennità di poche centinaia di euro annue.
Si rischia una caccia alle streghe? La possibilità, come sempre, non è da escludere, specie quando entra in gioco la politica e la propaganda di cui la politica da sempre si alimenta. Ed in casi simili, i 5 Stelle sentono il "richiamo della natura" e danno il meglio, anzi il peggio (dipende dai punti di vista), di loro stessi.
Al contrario, la Lega, che vive di nemici da additare agli istinti belluini dei propri sostenitori, questa volta ha deciso di non segnalare la vicenda dalle pagine social di "capitan Salvini", che stancamente - ovviamente contravvenendo impunemente alle regole di pubblicazione delle piattaforme da lui utilizzate senza subire alcuna penalizzazione - si limita ad insultare migranti e avversari, commiserare se stesso per i processi che lo attendono e a diffondere il contagio da coronavirus con selfie e strette di mano, rigorosamente senza mascherina. Perché?
Perché ad essere coinvolti sono anche almeno 3 parlamentari della Lega.