Una delle domande più inquietanti sulla storia recente della mafia siciliana riguarda la lunghissima latitanza di Matteo Messina Denaro, l'ultimo grande boss di Cosa Nostra arrestato il 16 gennaio 2023 e deceduto il 25 settembre dello stesso anno. Come è stato possibile che uno degli uomini più ricercati d'Italia sia riuscito a sfuggire alla cattura per trent'anni, muovendosi liberamente sul territorio nazionale e vivendo addirittura a pochi passi dalla sua città natale?
La risposta emerge, almeno in parte, dai diari personali del boss, ora al centro di un nuovo libro del giornalista Lirio Abbate, "I Diari del boss. Parole, segreti e omissioni di Matteo Messina Denaro", in uscita il 21 gennaio per Rizzoli. Il volume getta nuova luce sul periodo dal 2003 al 2016, rivelando dettagli sorprendenti sulla vita del capomafia durante la latitanza.
Nei suoi diari, destinati alla figlia Lorenza Alagna - che per 27 anni si è rifiutata di incontrarlo - Messina Denaro descrive una latitanza vissuta con una libertà che appare sconcertante. Una fotografia del 2006 lo ritrae persino davanti all'Arena di Verona, testimonianza di come il boss potesse permettersi di visitare luoghi turistici nel cuore dell'Italia settentrionale senza particolare preoccupazione.
La capacità di Messina Denaro di eludere la cattura per così tanto tempo suggerisce l'esistenza di un articolato sistema di protezione che ha coinvolto diversi livelli della società civile e delle istituzioni. La sua latitanza non può essere spiegata solo con l'abilità personale o con il supporto della criminalità organizzata: ha richiesto necessariamente una rete di complicità che si è estesa ben oltre i confini dei territori tradizionalmente controllati da Cosa Nostra.
Particolarmente significativa è la scelta di Messina Denaro di documentare la propria vita in due quaderni rilegati, arricchiti con riproduzioni di opere di Vincent Van Gogh, destinati alla figlia Lorenza. Come nota Abbate nel suo libro, questi scritti hanno un evidente carattere manipolatorio: "Solo io potevo dirle la verità sulla mia vita, nuda e cruda quale è stata", scrive il boss, "perché solo io conosco la mia vita, e non gli altri che hanno sempre abusato di parlare di me".
L'arresto e la successiva morte di Messina Denaro hanno lasciato molti interrogativi senza risposta. La sua lunga latitanza rappresenta uno dei capitoli più oscuri della storia recente italiana, suggerendo l'esistenza di connivenze e protezioni che potrebbero non essere mai completamente rivelate.
I diari del boss, pur nella loro natura di documento personale e potenzialmente manipolatorio, costituiscono una testimonianza importante per comprendere non solo la personalità di Messina Denaro, ma anche il sistema di potere che ne ha garantito l'impunità per tre decenni. Un sistema che, nonostante la cattura del boss, potrebbe non essere stato completamente smantellato.