Nella logica dell’amore soltanto chi è misericordioso può riprendere con sé e continuare ad amare il coniuge che lo ha tradito. Gesù dà origine, ed insieme porta a compimento, l’amore. È il matrimonio stesso in sé, prima ancora che quello religioso, che già tende ad un amore che non finisce per il peccato o per il cambiamento dell’altro. È lo stesso matrimonio ebraico che già tende alla misericordia.[1]

Il coniuge che perdona, nel momento in cui rimette all’altro il suo debito, lo ristabilisce nei suoi diritti di sposo o di sposa: restaura la comunione coniugale ferita dalla colpa. Conviene qui osservare la natura della fedeltà coniugale. Se è vero che ciascuno degli sposi è chiamato ad esercitarla, e che l’impegno ad essere fedele sottende il patto coniugale, essa non è, innanzitutto, una realtà giuridica, bensì teologica. Non si è fedeli al proprio coniuge perché egli stesso è fedele, ma gli si è fedeli incondizionatamente. Si tratta di fare propria la misteriosa logica di “Dio Amore-Misericordia”. Il perdono si iscrive in questa stessa prospettiva di dono: la fedeltà rinvia ad una fiducia che non viene mercanteggiata. Colui al quale essa viene offerta non è sentito come una minaccia. Ciò che resta sconosciuto, o a volte incomprensibile nell’altro, diviene luogo di scoperta e di accettazione. Nella vita degli sposi il perdono non sottolinea innanzitutto la risposta generosa ed eroica di colui che avrebbe ingiustamente e gravemente sofferto per colpa dell’altro. In quanto comunione d’amore di tutta la vita il matrimonio cristiano dovrebbe normalmente escludere ogni offesa grave. Essa non dovrebbe essere fatale, anche se bisogna ammettere che spesso è all’origine delle divisioni fra gli sposi. Il perdono degli sposi dovrebbe piuttosto caratterizzare un’attitudine interiore, realista, in base alla quale l’altro viene pienamente accettato con tutti i suoi limiti. In tal senso, la fedeltà, che perdona, mette il matrimonio cristiano al sicuro dal pericolo mortale creato a volte da alcune offese: in tal caso, nell’amore incondizionato, nelle crisi, l’offesa “diventa” la fonte della tenerezza.[2]

Per questo motivo «ogni famiglia riconciliata può vivere di pace e di giustizia. Però, non c’è pace senza giustizia, come non c’è giustizia senza perdono. Il matrimonio, come sacramento sponsale, e la misericordia come per-dono sono una comunione, che attinge dal legame indissolubile, che unisce gli sposi, vincolo sacramentale e insieme profondamente naturale. L’unità degli sposi è insieme dono di Dio e impegno personale al servizio del bene comune. Ogni comunione suppone un bene condiviso, bene che paradossalmente aumenta proprio perché è condiviso. Sicuramente è utile approfondire la realtà sacramentale dell’amore coniugale, nella quale si può riconoscere la fonte di tutte le espressioni di misericordia fra gli sposi; questo ci permetterà di vedere come al centro di tutta la spiritualità coniugale si trovi la fedeltà, dimensione essenziale della vita comune dei coniugi».[3]

Perciò, prima di procedere nella nostra riflessione, «per evitare ogni malinteso, conviene cogliere l’intenzione ampia di Papa Francesco nell’esortazione Amoris laetitia, relativamente alla misericordia. Il Papa non sviluppa la convenienza teologica di fare misericordia in seno alla coppia. La desidera proporre a tutta la Chiesa come un programma di reale conversione pastorale (“conversione missionaria”) per tutti: pastori, comunità cristiane, famiglie.[4] Per questo motivo il Pontefice parte dall’inno alla carità di San Paolo (1 Cor 13,4-7), poco menzionato, che specifica l’arte di vivere da cristiano; ne declina le varie espressioni possibili: pazienza, atteggiamento di benevolenza, distacco da ogni invidia o violenza, fiducia e, ovviamente, perdono. La fiducia profonda nel Signore però, diventa essenziale per un camino di conversione autentica. Essa suscita nel cuore umano l’atteggiamento di amore e di amicizia nelle relazioni interpersonali; inoltre, la fiducia consente di andare alla fonte della misericordia di Dio».[5] Per questo «la fiducia nella misericordia può ricondurre tutti allo stato di grazia di figli di Dio. Tale condizione spirituale supera ogni benessere legato alla materia e al possesso di beni».[6] Infatti, «Dio ama in modo perfetto e continua ad amare gli uomini, chiamandoli ad amare Lui e il prossimo. La risposta degli uomini all’amore divino consiste nel compiere la volontà di Dio, nel servire lui e nel dedicarsi pienamente alle cose sue, mantenendo la fiducia nella misericordia, attraverso la quale Dio si lascia conoscere».[7] La conoscenza e la contemplazione del mistero della misericordia di Dio, in realtà, sviluppano nei coniugi un atteggiamento di fiducia filiale in Dio e di misericordia verso il prossimo.[8] Ecco perché «la fiducia è tipica dell’atteggiamento del figlio nei confronti di suo padre. Per approfondire il significato che riveste la misericordia nella vita coniugale, conviene riscoprire la realtà sacramentale del Matrimonio. Riscoprire la realtà sacramentale del Matrimonio, a partire dal Concilio Vaticano II e la Costituzione Pastorale Gaudium et spes, che ha consacrato uno sviluppo essenziale al Matrimonio, si assiste ad un rinnovamento assai fecondo della riflessione teologica e spirituale sul matrimonio e la famiglia. Amoris laetitia è l’ultima di una lunga serie di documenti, tra i quali l’Enciclica Humanae vitae e l’Esortazione Apostolica Familiaris consortio costituiscono certamente i due apporti fondamentali, come il papa Francesco (AL n. 68 e 69), accompagnati da numerosi altri testi, ad esempio la Lettera alle famiglie del papa San Giovanni Paolo II e, oggi, Amoris laetitia».[9] Lo possiamo affermare tranquillamente «non per sminuire l’importanza di una riflessione pastorale tale, come quella che ci è offerta proprio da Amoris laetitia, ma piuttosto per prender nota dell’intenzione del Santo Padre di non proporre alla Chiesa un testo magisteriale, ragione per la quale ha deciso di non richiamare le norme ed i principi dell’etica coniugale».[10] Effettivamente possiamo leggere: «Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete (…), è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi» (AL n. 300).

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek

 
[1] Cf. J. Laffitte, Matrimonio e Misericordia: La sacramentalità dell’amore coniugale messa in discussione, in “Alpha Omega”, XIX, 2 (2016), p. 213.
[2] Cf. G. Campanini, Fedeltà e Tenerezza. La spiritualità familiare, Ed. Studium, Roma 2001, pp. 71-84.   
[3] J. Laffitte, Matrimonio e Misericordia, op. cit., pp. 212-213.
[4] Possiamo affermare che, ad una prima lettura, l’enciclica Dives in misericordia di san Giovanni Paolo II  sembrerebbe offrire poco in merito a riflessioni sulla famiglia. Bisogna, invece, considerare, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la particolare sensibilità del papa polacco e l’attenzione del suo Magistero verso e per la famiglia. Non possiamo dimenticare la sua esortazione ai vescovi riuniti a Puebla affinché fosse data “ogni priorità” alla famiglia, “con la certezza che nel futuro l’evangelizzazione dipenderà in gran parte dalla ‘chiesa domestica’” (cf. Discorso ai vescovi colombiani in visita “Ad limina Apostolorum”, 8 marzo 1985). Costatiamo che da una lettera più attenta dalla stessa enciclica emergono riflessioni e proposte concrete applicabili alla famiglia, tra le quali che: «l’amore misericordioso è sommamente indispensabile tra coloro che sono più vicini: tra i coniugi, tra i genitori e i figli, tra gli amici; esso è indispensabile nell’educazione e nella pastorale» (DM n. 14). Queste parole sono la vera chiave per l’applicazione pastorale dell’enciclica. In questa prospettiva l’amore misericordioso viene visto come “programma messianico di Cristo” che, a sua volta, “diviene il programma del suo popolo” e “il programma della Chiesa”, punto di partenza per il “progetto uomo”. Seguendo l’idea dell’amore misericordioso nella dimensione famiglia si può giungere a ciò che san Giovanni Paolo II spesso chiama, con vigore e con voce profetica, “il nuovo avvento” di questo “tempo d’attesa” nel quale vive oggi il popolo di Dio. Egli offre così una visione programmatica: cf. Ch. G. Vella, L’amore misericordioso nelle relazioni familiari, in “Prima lettura della Dives Misericordia”, 29 (1982).
[5] j. Laffitte, Matrimonio e Misericordia, op. cit., p. 213.
[6] G. Lydek, La misericordia di Dio nella teologia e nella spiritualità del beato Michele Sopoćko, p. 213.
[7] Ibid., p. 271.
[8] Cf. G. Lydek, Il mistero di Gesù Cristo Misericordioso in santa Faustina Kowalska, sigraf, Pescara 2016, p. 22.
[9] j. Laffitte, Matrimonio e Misericordia, op. cit., p. 214.
[10] Ibidem.