In questa polemica scoppiata a causa delle parole dell'onorevole Donzelli alla camera, il 31 gennaio, in riferimento alle motivazioni della visita degli esponenti Pd all'anarchico al 41 bis Alfredo Cospito, quello che salta subito all’evidenza è che si è parlato moltissimo delle rivelazioni di documenti sensibili (non secretati) da parte del sottosegretario alla giustizia e compagno di partito oltre che coinquilino dell’onorevole Donzelli, Andrea Delmastro delle Vedove, e delle accuse dello stesso Donzelli ai 4 esponenti del partito democratico andati in un momento certamente molto delicato per quanto attiene al detenuto in questione e all’oggetto del 41 bis in generale.
Nulla si è detto o quasi, invece, della reale opportunità e necessità che quattro esponenti di spicco del Pd, si siano recati a fare visita, nel carcere di massima sicurezza di Sassari, ad un pericoloso anarchico, in sciopero della fame non solo per protestare contro il suo regime detentivo, ma anche come battaglia personale contro il regime del 41 bis anche per mafiosi e stragisti.
Al di là della stravaganza di andare in visita in quattro (cosa piuttosto insolita, soprattutto se uno dei quattro è stato anche ministro della giustizia) ad un pericoloso terrorista mai pentitosi e che anzi sta fomentando una sorta di rivoluzione per protestare contro un regime di carcere duro, che tanti risultati ha portato alla lotta contro la mafia.
Ancora più stravagante il momento delle visita, considerando come Cospito sia stato messo in regime di carcere duro, non dal governo Meloni, ma da quello di Draghi, che il Pd appoggiava convintamente. Nulla dalla parti del Pd si è sentito dire a tal proposito, quando al tempo la magistratura decise per il 41 bis a Cospito, e nessuno del Pd ebbe in seguito nulla da ridire sul provvedimento, che già aveva suscitato commenti su giornali e proteste di anarchici ed estremisti di vario genere.
Certo si dirà che ora la sua salute è peggiorata e quindi si intendeva controllare che tutto fosse regolare. Ma era proprio questa la priorità di un partito come il Pd e soprattutto era quello il detenuto di cui occuparsi, rispetto alle centinaia che si trovano in situazione simile? Ancora più bizzarra e francamente inspiegabile l'indiscrezione uscita sul Fatto quotidiano, confermata poi da Verini, uno dei componenti della spedizione Pd (gli altri erano l'ex ministro Orlando, la capogruppo alla camera Debora Serracchiani e Silvio Lai deputato ed esponente di spicco della sezione sarda del partito) che riguarda la “imposizione” di Cospito ad andare prima a salutare pericolosi mafiosi e camorristi prima di aver la possibilità di parlare con lui.
Insomma non certo un gran segnale di forza da parte delle istituzioni verso la malavita organizzata, soprattutto a pochi giorni dall’arresto del pericoloso latitante Messina Denaro. Infine per entrare nel merito della vicenda occorre anche considerare chi è Cospito e perchè si trova al carcere duro.
Cospito si trova rinchiuso in carcere da 10 anni per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, fatto che risale al maggio 2012. Venne arrestato quasi subito (insieme a Nicola Gai) e rinchiuso in carcere. La condanna, diventata definitiva nel 2015, prevede una pena di 10 anni e 8 mesi. Nel frattempo, alla precedente si è aggiunta una nuova condanna a 20 anni per l’attentato alla scuola allievi dei Carabinieri di Fossano (Cuneo) e per aver guidato la Fai, Federazione anarchica informale, per cui è accusato di associazione per delinquere con finalità di terrorismo. Ma per Fossano, in realtà, per cui Cospito è imputato insieme alla compagna Anna Beniamino, ora l’anarchico rischia l’ergastolo.
A Fossano gli anarchici, nel 2006, misero delle bombe carta dentro due cassonetti davanti alla caserma: non si ferì nessuno ma gli ordigni erano diretti ai Carabinieri. L’arresto avvenne solo nel 2016 dopo lunghe indagini. Il regime del 41 bis gli è stato imposto proprio per tagliare i legami con l’esterno. Suoi scritti filtrati fuori dal carcere - nelle valutazioni di magistrati ed investigatori - hanno indicato obiettivi da colpire, oltre ad offrire una piattaforma strategica per altri anarchici informali.
Proprio alcune sue riflessioni, non a caso, sono contenute nella “Chiamata internazionale all’azione in solidarietà con Alfredo Cospito dal 22 al 28 gennaio”, documento che ha avviato le mobilitazioni e che invita a scontrarsi «armi in pugno con il sistema».
«Non basta la ’controinformazione’ - scrive Cospito - questa diventa rivoluzionaria quando alimenta l’azione, quando diventa strumento per i nuclei d’azione permettendo loro di armonizzare i propri attacchi e innescare l’insurrezione generalizzata».
Senza contare tutto quello che sta succedendo ora con gli attentati e le minacce degli anarchici contro lo Stato proprio in nome e (forse) per conto di Cospito. Ma certo lo Stato non deve essere disumano ma nemmeno però trattare e chinare la testa con chi si dimostra contro le leggi e contro lo Stato e non dimostra alcun segnale minimo di pentimento o di riabilitazione, anzi. Tornando alla vicenda in questione, il deputato Donzelli, che come tutti i toscani ha tra le sue peculiarità la veracità e la vis polemica, può forse avere esagerato nei toni, certo, ma molto meno forse nella sostanza della cosa, che lascia qualche perplessità e dubbio in una fase davvero delicata della querelle sul 41 bis.
Per quanto riguarda i dati rivelati dal sottosegretario, alcuni giuristi importanti, come l’ex esponente del Csm, Sebastiano Ardita (a cui certo non si possono attribuire simpatie di destra) ha definito la diffusione di tali comunicazioni assolutamente legittime, sostenendo poi che il caso Cospito è gravissimo e rischia di rappresentare un cavallo di troia per il regime del 41 bis. Attenzione allora a non focalizzare l’attenzione sul dito (la polemica innescata dal deputato Donzelli, attaccato lui sì forse strumentalmente anche perché è uno dei fedelissimi della premier Meloni) e non guardare la luna del delicatissimo caso della pericolosissima commistione tra pezzi di criminalità organizzata ed eversione per cercare di incrinare
il regime del carcere duro.
Ed è proprio per questo che la visita, seppur legittima, trattandosi di una prerogativa parlamentare, si può definire certamente poco opportuna nei tempi e nei modi in cui si è svolta.