Il presidente del Festival Puccini ha licenziato Alberto Veronesi
«Il presidente del Festival Pucciniano, che sabato mi ha mandato una lettera di licenziamento, giustificandolo con un presunto ritardo a una prova, getta così la maschera su quelle che, vista la situazione, parrebbero le sue reali intenzioni: celebrare la cultura del pensiero unico a Sinistra e non la grandezza di Puccini. Ho diretto bendato per protesta contro le masturbazioni ideologiche imposte a un’opera che è nella storia e che è storia da una regia che non ho potuto e voluto condividere».
Luigi Ficacci, presidente del Festival Puccini, ha preso la decisione giusta.
Ha scritto una lettera ad Alberto Veronesi e gli ha fatto presente che per le rappresentazioni di Bohème che andranno in scena nei prossimi giorni non avrebbe dovuto disturbarsi ulteriormente a mascherarsi da Zorro, poiché era stato sollevato dal dirigere l'orchestra.
Nell'introduzione all'articolo, la risposta (sconclusionata) di Alberto Veronesi.
Gli estremisti di destra, che invece di definirsi per quel che sono, semplicemente dei (post) fascisti, da una parte pretendono di farsi etichettare come conservatori, dall'altra sgomitano e si agitano per dimostrare il loro servile attaccamento all'ideologia della ducetta attuale, Giorgia Meloni.
Sgomitando e agitandosi, si rischia però di esagerare e da martiri, si finisce per diventar pagliacci... come accaduto a Veronesi nella messa in scena della pagliacciata di dirigere la Bohème mascherato.
A dimostrazione di quanto siano pretestuose le argomentazioni del direttore cacciato dal festival pucciniano, basta voltarsi indietro e vedere quanti allestimenti di Bohéme, non legati alla tradizione, sono stati messi in scena... senza che Veronesi e Sgarbi avessero nulla da ridire.
Alcuni esempi?
La Bohème di Vick e Mariotti ambientata ai giorni nostri in una casa di studenti che potrebbe trovarsi in qualunque città universitaria, con il Quartiere latino in festa per la vigilia di Natale rappresentato come in un musical: una strada affollata di fronte ai caffè e negozi cittadini, con la Barriera d'Enfer del terzo quadro trasformata in un vicolo di spaccio con le serrande chiuse dei negozi riempite di scritte. E che dire, ad esempio, di quella di alcuni anni prima messa in scena a Salisburgo da Damiano Michieletto... senza che il direttore Daniele Gatti sentisse il bisogno d bendarsi o di fare chissà quali polemiche!
Se invece che il maggio francese, l'opera avesse esaltato il ventennio fascista, c'è da credere che Veronesi e Sgarbi non avrebbero avuto nulla da ridire... tutt'altro!