Il Covid-19 è una disgrazia mondiale. Una fin troppo evidente quanto triste realtà. Le vittime hanno raggiunto numeriche tali da rendere anonima ed invisibile la tragedia umana che si consuma ogni giorno negli ambiti affettivi di ciascuna di queste. 
 
In America hanno addirittura iniziato ad apparire le fosse comuni. Anonime fini per anonimi esseri umani di passaggio su questa Terra. Persone. Ciascuna con un proprio bagaglio di affetti, sentimenti, storie personali. Tutto finito, annientato. Vite sepolte in una manciata di giorni.
 
Anche l’Italia è allo stremo e sta visibilmente barcollando sotto i colpi di questo flagello di Dio. Sembra passata un’eternità dalla “normalità”, dai tempi in cui si polemizzava “si stava meglio quando si stava peggio”. 
 
Eppure dall’8 Marzo è passato soltanto poco più di un mese. 
Un periodo di tempo che, visto nell’epoca “Ante Coronavirus”, poteva considerarsi trascurabile, ai giorni nostri diventa infinito, scandito ogni giorno da una routine che non ci appartiene e che ci viene imposta da un’agenda incerta.
 
#iorestoacasa è stato l’hashtag imperativo, promosso dal nostro Presidente Giuseppe Conte quando ha annunciato il “locked down”. Gli italiani hanno risposto con un grande senso di responsabilità accogliendo e rispettando la “domiciliazione forzata”, sebbene questa comportasse grandi sacrifici. Tra questi tanti lavoratori precari, ma soprattutto tantissimi piccoli e medi imprenditori italiani, che hanno dovuto accogliere il decreto abbassando le saracinesche della propria attività e del proprio futuro.
 
Sono proprio questi a rappresentare oggi il quadro allarmante di un’emergenza economica, come emerge anche dal sondaggio “Emergenza Covid-19, il Coronavirus quanto sta facendo male alla tua azienda?”promosso dall’Ufficio studi di A.P.I. che ha fotografato il sentiment di circa 400 imprenditori associati. “Non possiamo più aspettare, gli imprenditori hanno atteso, ma ora basta” – ha commentato il presidente di A.P.I., Paolo Galassi, “Dobbiamo intraprendere, in parallelo alle azioni imprescindibili per la tutela della salute dei cittadini, quelle per garantire il futuro della nostra economia e i posti di lavoro. Se andiamo avanti così non ci sarà più nulla da salvare”
 
Stiamo parlando di un indotto che impatta sulla serenità economica di circa 15 milioni di famiglie. Piccoli e medi imprenditori che hanno avuto fiducia nello Stato e che ad oggi non hanno ricevuto nulla, nemmeno l’elemosina dei 600 euro promessi oltre un mese fa.
 
Ogni giorno che passa la miccia della polveriera si accorcia. L’emergenza economica rischia di innescare il temibile ordigno dell’emergenza sociale. Ma lo Stato dice di esserci. Il Presidente Conte, che ha preso ormai confidenza con conferenze stampa a reti unificate, tranquillizza i cittadini e le proprie imprese grazie al varo di misure straordinarie per il sostegno della nostra economia che prevedono centinaia di miliardi di euro.
 
Di debiti.
 
L’unica soluzione proposta dal nostro Stato amministrato dal nostro Esecutivo alle nostre piccole e medie imprese che già faticavano a resistere nella morsa burocratica e fiscale che caratterizza il mercato del nostro Paese è: “io ti faccio chiudere per il bene comune ed in cambio ti do garanzie per poterti indebitare”.
 
Un patto imposto e scellerato nei confronti del tessuto delle PMI del nostro Paese a cui va ad aggiungersi l’assurdità delle proposte del PD, che nello stato emergenziale trova il tempo ed il coraggio di proporre agli italiani nuove tassazioni per chi ha redditi superiori agli 80.000 euro. Senza considerare che non tutte le dichiarazioni dei redditi del 2019 possono oggi costituire un parametro obiettivo di ricchezza. Basti pensare agli imprenditori che operano nei settori del turismo, dell’intrattenimento, della ristorazione che dovranno affrontare un profondo ripensamento dei propri modelli di business, dato che il “dopo Coronavirus” porterà inevitabili e sostanziali modifiche in attività che favoriscono “assembramenti”.
 
Situazioni eccezionali prevedono il coraggio di porre in atto soluzioni eccezionali, fuori dagli schemi. L’Italia ha la possibilità di risollevarsi, nel pieno rispetto degli ordinamenti europei senza tuttavia “elemosinare” aiuti dall’ Europa che si tradurrebbero in maggiore indebitamento pubblico. Oggi, subito, lo Stato potrebbe varare la propria Moneta Fiscale e con essa strutturare innovativi pacchetti di sostegno e contributi a fondo perduto alle imprese per favorirne la ripresa e tutelare così milioni di posti di lavoro.
 
Invece oggi riscontriamo lentezza ed inadeguatezza.
La nostra classe politica deve cambiare. Ora, prima che sia troppo tardi.

Marco Melega