Nei giorni scorsi, mentre si susseguivano gli incontri tra M5S e Pd e fervevano le trattative per la formazione di un possibile governo giallorosso, il prof. Giuseppe Conte, ex-premier del governo gialloverde, rilasciava alcune impegnative dichiarazioni sul ruolo che avrebbe voluto esercitare nell’eventuale nuovo esecutivo.
In effetti il suo stile di presidenza gialloverde aveva suscitate, nei 14 mesi, molte perplessità e critiche anche graffianti, per la eccessiva tolleranza e remissività dimostrate nei confronti di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i cui modi di fare erano stati spesso strafottenti ed irrispettosi.
Per la verità un qualche segnale di insofferenza era già emerso nella conferenza stampa che il prof. Conte aveva convocata a Palazzo Chigi il 3 giugno, però nulla era cambiato soprattutto da parte di Salvini oramai arrogante padrone del vapore.
Solo il 20 agosto il prof. Conte decise di pronunciare, nell’aula del Senato, un circostanziato j’accuse nei confronti di Salvini bollandone comportamenti ed inadempienze istituzionali.
Peccato, però, che in quella occasione non bollò anche le trasgressioni di Di Maio.
Comunque, convintosi di dover affrontare con piglio diverso e con maggior risolutezza il ruolo di premier, il prof. Conte nei giorni scorsi ha affermato che come presidente del nascituro governo era sua intenzione esercitare appieno il suo ruolo, senza tentennamenti, vale a dire scegliendo lui una squadra di ministri capaci e competenti, assicurando la parità di genere, inserendo tecnici laddove il compito richiedesse attitudini ed esperienze specifiche, agendo sugli indirizzi politici e di programma dell’esecutivo.
Propositi legittimi e condivisibili.
Sennonché le prime ore di vita del nuovo esecutivo fanno trasparire già alcune incrinature dei buoni propositi del prof. Conte.
Ad esempio, per la funzione di sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio il prof. Conte aveva scelto un tecnico gradito anche al Colle: il dott. Roberto Chieppa attuale segretario generale di Palazzo Chigi.
Ebbene, dopo un ennesimo braccio di ferro con Di Maio il premier ha ceduto di nuovo rassegnandosi ad avere come sottosegretario un fedelissimo del capo politico M5S, Roberto Fraccaro.
Una resa che mina la autorevolezza del capo del governo non solo all’interno della compagine ministeriale.
Anche per la parità di genere il risultato è inferiore alle aspettative con soli sette ministri donne su una squadra di 21 ministri, a meno che con le future nomine dei sottosegretari il prof. Conte si proponga di bilanciare gli attuali squilibri.
Ma la monumentale buccia di banana sulla quale si sono schiantati i buoni propositi del prof. Conte è stata la nomina di Luigi Di Maio a ministro degli esteri.
Non solo perché l’incarico comporta continuità di impegnative e complesse relazioni, anche personali, a livello internazionale e la padronanza della lingua inglese di Di Maio è ferma a “the book is on the table”, ma soprattutto perché, nei 14 mesi di governo gialloverde, Di Maio è riuscito a compromettere i rapporti con alcune cancellerie nel tentativo di tenere il passo con le intemperanze di Salvini.
Mi domando come il prof. Conte abbia potuto non tener conto, ad esempio, che solo qualche mese fa, febbraio 2019, Di Maio provocò una crisi diplomatica con la Francia incontrando e solidarizzando a Parigi con i capi dei “gilet gialli”. In quei giorni il governo francese reagì arrivando perfino a richiamare il suo ambasciatore.
Ma mi domando ancora: quali competenze ed esperienze diplomatiche, negoziali, geopolitiche il prof. Conte ha riconosciute in Di Maio per affidargli il complesso e delicato compito di indirizzare e gestire la politica internazionale del nostro Paese ?
Ahi… ahi… ahi… temo proprio che i buoni propositi siano solo più un lontano ricordo ed il prof. Conte giallorosso operi senza soluzione di continuità come quello gialloverde.