La guerra civile in Sudan è una crisi umanitaria e politica che minaccia la stabilità dell'intera regione africana. Il conflitto scoppiato lo scorso 15 aprile tra le forze paramilitari delle Rsf, guidate dal vicepresidente del Consiglio sovrano Mohamed Hamdan Dagalo e quelle dell'esercito regolare, comandato dal presidente del Consiglio Abdel-Fattah al-Burhan, in precedenza alleati nella deposizione del dittatore Omar al Bashir nel 2019 e nella formazione di un governo transitorio, sta causando nel Paese una crisi umanitaria.
Sono centinaia i morti e migliaia i feriti tra i civili, senza contare i gravi danni alle infrastrutture e ai servizi sanitari. Almeno 20 ospedali sono stati costretti a chiudere e il 61% delle strutture sanitarie di Khartoum è chiuso. Molti pazienti affetti da malattie croniche non hanno accesso alle cure necessarie. La situazione è aggravata dalla mancanza di cibo, acqua e carburante, che ha generato proteste e saccheggi.
Il conflitto in Sudan ha anche implicazioni regionali e internazionali. Le Rsf sono sospettate di avere legami con i mercenari russi della Wagner, che operano in diversi Paesi africani. Abdel-Fattah al-Burhan, invece, sarebbe appoggiato dalla Cina. Entrambe le potenze sono interessate ai porti sul mar Rosso e alle risorse del sottosuolo sudanese. L'Egitto e l'Etiopia sono preoccupati per le ripercussioni della guerra sulle loro relazioni con il Sudan, in particolare sulla questione della diga del Nilo Azzurro. Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno condannato il colpo di stato militare e imposto sanzioni ai responsabili della violenza.
Inoltre, in relazione alla crisi umanitaria, è intervenuto l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), Filippo Grandi, secondo il quale "più di 800.000 persone" potrebbero fuggire da quella nazione.
"Speriamo che non si arrivi a tanto - ha scritto Grandi su Twitter -, ma se le violenze non cesseranno, vedremo più persone costrette a fuggire dal Sudan in cerca di sicurezza".
Almeno 73.000 persone sono già scappate dal Sudan e sono arrivate nei Paesi confinanti. Finora la maggior parte delle persone è fuggita in Ciad e in Sud Sudan.
Il programma alimentare mondiale dell'Onu (Pam) ha annunciato oggi la ripresa delle sue attività in Sudan dopo la sospensione seguita all'uccisione di tre dei suoi dipendenti:
"Il Pam sta rapidamente riprendendo la programmazione per fornire l'assistenza salvavita di cui così tante persone hanno bisogno in questo momento", ha scritto su Twitter il direttore esecutivo del Pam Cindy McCain.