I preti italiani non hanno preso bene la decisione con cui il premier Conte ha annunciato, domenica sera, che nelle chiese italiane non si potranno ancora celebrare messe aperte ai fedeli. 

I vescovi, probabilmente, erano già stati informati di una tale decisione, così, poco dopo che il presidente del Consiglio aveva terminato la conferenza stampa in cui ha illustrato i contenuti del nuovo dpcm che entrerà in vigore il 4 maggio, la CEI ha pubblicato un comunicato in cui riassumeva il proprio disappunto... se così vogliamo definirlo.

"Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto". Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.

A stretto giro, nella tarda serata di domenica, arrivava la risposta del Governo riassunta in una "nota della Presidenza del Consiglio": 

La Presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione della CEI e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal Presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza.

In precedenza, durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo dpcm, Conte aveva "blandito" i vescovi italiani riconoscendone il loro senso di responsabilità ed il loro apporto durante il periodo di quarantena sin qui trascorso.