Com’era lecito attendersi l’accordo militare tra USA, Gran Bretagna ed Australia ha provocato profondo risentimento in Europa. Si tratta di un vero e proprio affronto a Bruxelles, tenuta all’oscuro dei termini dell’alleanza, se si inquadra nel rapporto all’interno del mondo così detto occidentale.

L’irritazione maggiore si registra in Francia, che, a causa di una clausola dell’accordo, che obbliga Canberra ad acquistare i sottomarini americani a propulsione atomica, perde una sostanziosa commessa con l’Australia per la fornitura di sottomarini con alimentazione a gasolio. Particolare molto rilevante è che questo commessa era stata confermata ancora il 31 agosto scorso da un incontro in videoconferenza tra i vertici militari dei due stati, con una firma congiunta, che non faceva presagire alcun ripensamento, peraltro mai comunicato ufficialmente. Ma aldilà del legittimo risentimento francese, l’Unione Europea subisce un torto diplomatico evidente, che minaccia di avere conseguenze pesanti nel rapporto con gli Stati Uniti, ritenuti i veri responsabili della provocazione.

La maggiore delusione è rappresentata del presidente Biden, che era partito con un atteggiamento profondamente differente dal suo predecessore, ma che si è rivelato, nei fatti, ancora peggiore nei confronti dei suoi alleati europei: prima il ritiro non concordato dall’Afghanistan ed ora la creazione di una alleanza che lascia fuori l’Unione Europea senza alcuna spiegazione; o meglio la spiegazione potrebbe essere la considerazione che l’Europa è ormai un teatro secondario rispetto all’Asia, vero punto focale degli interessi americani attuali. Del resto già con Obama questa supremazia della centralità asiatica rispetto al vecchio continente cominciava a delinearsi, Trump l’ha continuata e Biden la rafforza ulteriormente.

Inoltre, Biden sembra sommare su se stesso la volontà di spostare l’attenzione principale USA verso l’Asia, tipica di Obama, con la volontà di Trump di mettere gli Stati Uniti davanti a tutto: solo così di spiega lo sgarbo diplomatico della Casa Bianca, dove Londra e Canberra sono solo subalterni comprimari.

C’è anche da tenere conto, però, della volontà di autonomia sempre maggiore dell’Unione Europea dal principale alleato, fattore, peraltro ampiamente giustificato, come dimostra questa vicenda. Un ulteriore elemento potrebbe essere stato rappresentato dalla posizione dell’Unione Europea, che pur restando fedelmente nel campo occidentale, ha cercato un punto di equilibrio tra Pechino e Washington, per evitare una degenerazione troppo pericolosa dei rapporti tra le due superpotenze.

A questo punto l’intento europeo pare fallito, con la Cina che accusa apertamente USA, Gran Bretagna ed Australia di aprire una nuova stagione di incremento degli armamenti avente per obiettivo proprio il paese cinese. Il punto cruciale, adesso, della vicenda è il pessimo livello dei rapporti tra Washington e Bruxelles, che, malgrado l’assenza di dichiarazioni ufficiali, sembra ancora più basso di quando Trump era presidente; certo Biden gode di una cautela, di cui il predecessore non beneficiava, forse dovuta alla speranza di un segno tangibile di ravvedimento, ma se questa è la tattica europea le speranze sembrano vane: la strada intrapresa dalla Casa Bianca punta ad una Europa marginale come elemento geostrategico, fattore che potrebbe avere anche ricadute nei rapporti commerciali.

Washington ha anche riempito il vuoto che si è creato con la Brexit ed ha operato una tattica capace di legare maggiormente Londra con la sponda opposta dell’Oceano; questo particolare non è da sottovalutare perché potrebbe inasprire i rapporti tra Regno Unito, sempre ala ricerca di espedienti favorevoli a sé stesso nella partita degli accordi post Brexit, ed Europa.

Si è così verificato lo scenario che Trump aveva perseguito senza riuscire a concretizzare, adesso occorrerà vedere la capacità di reazione dell’Unione di non farsi mettere in secondo piano e conquistare quella posizione che da tempo ricerca in campo internazionale e che viene frustrata con questo accordo, che in definitiva la vede come perdente e tradita, ma nel suo stesso campo: quello occidentale. La sconfitta, cioè, è ancora più pesante perché non proviene da un avversario, che poteva essere la Russia o la stessa Cina, ma dal paese, che malgrado tutto, era ritenuto il maggiore alleato.

La cautela e la prudenza dovranno essere alla base delle prossime mosse della diplomazia europea, ma con la giusta diffidenza nei confronti di alleati inaffidabili ed anche infidi. L’autonomia politica e militare dell’Europa è sempre più importante, orami al pari della forza economica, soprattutto per gestire avversari che hanno molto in comune e non sono distanti politicamente come Cina e Russia.