Venerdì, il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha incontrato i rappresentanti delle Ong che svolgono operazioni di ricerca e salvataggio in mare nel Mediterraneo.

L'incontro - come riporta una nota del ministero dell'Interno - ha offerto l'occasione per un'analisi dei flussi migratori irregolari nell'area del Mediterraneo centrale e per un esame delle difficoltà tecniche e logistiche nella gestione dell'accoglienza in considerazione, tra l'altro, dell'applicazione delle misure sanitarie di prevenzione disposte anche per i migranti a causa della pandemia.Il ministro Lamorgese ha sottolineato che una chiave per meglio regolare i flussi migratori e per contrastare il traffico di essere umani è certamente rappresentata da un'intensificazione dei corridoi umanitari con la Libia in modo da consentire innanzitutto l'evacuazione  di nuclei famigliari e di soggetti vulnerabili, garantendo allo stesso tempo, attraverso la preziosa opera dell'Unhcr e dell'Oim,  il rispetto dei diritti umani nei centri allestiti nel Paese nordafricano.Da parte della responsabile del Viminale è stata ribadita ai rappresentanti delle Ong l'esigenza immediata di una più forte solidarietà a livello europeo in materia di ricollocamenti dei migranti, sollecitando in particolare il coinvolgimento dei Paesi di riferimento delle Organizzazioni non governative e degli Stati di bandiera delle loro navi.

Di seguito, invece, la nota stampa congiunta rilasciata dalle Ong a seguito dell'incontro con il ministro Lamorgese.

Questo pomeriggio le organizzazioni impegnate in azioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale hanno incontrato la Ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, per un confronto sulle attività di ricerca e soccorso. I rappresentanti di EMERGENCY, Medici Senza Frontiere, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, ResQ-People saving People, Sea-Watch e SOS MEDITERRANEE, prendono atto dell'apertura al dialogo offerta dalla Ministra, ribadendo allo stesso tempo come il soccorso in mare non possa essere mai negoziabile. “Le discussioni sulle politiche migratorie non possono diventare un impedimento al soccorso in mare, obbligo giuridico oltre che morale” hanno detto i rappresentanti delle organizzazioni. Se è vero che i cosiddetti “Stati di primo approdo” come l'Italia, devono poter contare sulla solidarietà degli altri membri della UE, l'emergenza in mare non si ferma e anzi diventa ogni giorno più letale. Le ONG chiedono all'Italia e all'Europa di istituire un efficace sistema di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di salvaguardare la vita umana nel Mediterraneo. Le organizzazioni hanno anche auspicato un superamento del clima ostile al soccorso civile. “Abbiamo chiesto alla Ministra di riconoscere il ruolo delle organizzazioni umanitarie, colpite dalla criminalizzazione, liberando le nostre navi ancora sotto fermo” hanno affermato i rappresentanti delle organizzazioni.Al centro del colloquio anche gli accordi con la Libia. “Bloccare le partenze, a scapito della tutela dei diritti umani e delle continue morti in mare, non potrà mai essere la soluzione” dicono le ONG. “Questa forma di supporto e finanziamento va interrotta il prima possibile. Vanno trovate soluzioni di medio-lungo periodo per costruire canali sicuri di accesso regolare verso l'Europa. Ma, nel frattempo, non si può continuare a lasciare che le persone muoiano in mare o vengano riportate in un Paese dove sono costrette a subire abusi di ogni genere”.Durante l'incontro, le ONG hanno sollecitato la ministra Lamorgese ad assumere un ruolo di effettivo coordinamento con gli altri ministeri coinvolti, in particolare con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per quanto riguarda i fermi amministrativi e con il ministero della salute per i protocolli Covid e la gestione delle quarantene.

Nella stessa giornata è stato organizzato anche un'incontro a  Lampedusa tra il sindaco Martello con il capo del Dipartimento delle Libertà civili e l'Immigrazione prefetto Michele Di Bari. All'incontro hanno preso parte anche il prefetto di Agrigento Maria Rita Cocciufa, il questore Rosa Maria Iraci, i rappresentanti dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, e l'assessore regionale alle Autonomie locali Marco Zambuto.

Questo il commento di Totò Martello a seguito dell'incontro in cui ha chiesto lo stato di calamità, indispensabile per potere gestire le imbarcazioni dei migranti, tutelare l'ambiente e risarcire la nostra Marineria per i danni provocati dai relitti affondati:

"È stato un confronto utile, abbiamo affrontato diversi aspetti legati al tema dei flussi migratori e dell'accoglienza umanitaria a Lampedusa. In particolare ritengo importante che sia stata sollevata la necessità di chiedere al governo regionale di riproporre lo stato di calamità naturale in relazione alla gestione delle imbarcazioni dei migranti, ed ai danni che i relitti affondati nelle nostre acque provocano ai nostri pescherecci. Da un lato c'è il tema delle imbarcazioni utilizzate dai migranti che restano ormeggiate al porto e che, se non rimosse e rottamate in tempo, affondano provocando danni ambientali, alle altre barche ormeggiate ed alle stesse infrastrutture portuali. C'è poi il tema di relitti affondati nelle nostre acque che provocano danni ingenti ai nostri pescherecci e rischi per gli stessi pescatori. Solo con la riproposizione dello stato di calamità da parte del governo regionale, che però dovrà essere riconosciuta dal governo nazionale e dalla Protezione civile nazionale, potremo avere gli strumenti per evitare danni ambientali e per risarcire i nostri pescatori".

In questa settimana, con il miglioramento delle condizioni meteo, è ripreso il flusso migratorio nel Mediterraneo. Giovedì sono state quasi 550 le persone  - donne, uomini e bambini - catturate in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica e deportate nei loro lager, mentre altri riescono ad arrivare in Italia...

Al momento, nel Mediterraneo centrale, ad operare come nave del soccorso civile vi è solo la AitaMari, che un paio di giorni fa ha tratto in salvo 50 persone alla deriva in fuga dalla Libia.