Secondo quanto dichiarato lunedì dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, il fermo di Cecilia Sala, attualmente detenuta a Teheran nella prigione di Evin, sarebbe legato a una presunta violazione delle leggi della Repubblica Islamica. Il caso è oggetto di un'inchiesta da parte delle autorità iraniane e non risulta avere collegamenti con quello di Mohammad Abedini Najafabadi, cittadino svizzero-iraniano attualmente detenuto in Italia.

Baghaei, dopo aver specificato che ulteriori dettagli sulla vicenda di Cecilia Sala verranno forniti dal portavoce della magistratura iraniana, Asghar Jahangir, ha poi precisato la posizione iraniana riguardo al caso di Mohammad Abedini, arrestato il 16 dicembre a Malpensa su mandato degli Stati Uniti per aver esportato tecnologia sensibile statunitense in Iran, violando le normative internazionali.

L'Iran ha espresso il timore che la situazione di Abedini possa influenzare negativamente i rapporti bilaterali con l'Italia: «Ci aspettiamo che il governo italiano non permetta che le relazioni tra i due Paesi vengano compromesse dagli Stati Uniti», ha dichiarato Baghaei. Inoltre, ha definito l'azione americana nei confronti di Abedini come una "presa di ostaggi", denunciando un atteggiamento coercitivo da parte di Washington.

Sul fronte italiano, l'attenzione è puntata sull'udienza prevista per il 15 gennaio davanti alla Corte d'Appello di Milano. Durante questa sessione, verrà discussa la richiesta di arresti domiciliari avanzata dall'avvocato di Abedini. La decisione della magistratura italiana potrebbe avere ripercussioni importanti, sia per il caso specifico sia per i delicati equilibri diplomatici tra Italia, Iran e Stati Uniti.


Sempre questo lunedì, da segnalare quanto riportato dall'agenzia di stampa statale IRNA in relazione ad una dichiarazione del primo vicepresidente iraniano Mohammad Reza Aref, secondo il quale Teheran starebbe cercando di avviare negoziati per revocare le "sanzioni ingiuste e disumane" imposte al Paese e si aspetta che la comunità internazionale agisca in tal senso.

"In un discorso pronunciato oggi davanti al Consiglio supremo per le relazioni estere, Aref ha affermato che l'amministrazione del presidente Masoud Pezeshkian non desidera che le sanzioni continuino, riferendosi ad alcune correnti politiche del paese che si oppongono alla diplomazia con l'Occidente per rimuovere i divieti economici. Aref ha sottolineato che le sanzioni hanno avuto effetti negativi sui cittadini comuni, non solo sul governo:"Se l'obiettivo delle sanzioni fosse il governo, non riguarderebbero molte questioni come l'importazione di medicinali e beni essenziali", ha osservato.Si prevede che i negoziati tra l'Iran e le potenze europee volti a ripristinare l'accordo nucleare del 2015 riprenderanno prima del ritorno alla Casa Bianca del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, previsto per la fine di questo mese.Nel 2018, Trump aveva ritirato unilateralmente gli Stati Uniti dall'accordo approvato dall'ONU, noto come Piano d'azione congiunto globale (JCPOA, Joint Comprehensive Plan of Action), e ha imposto nuovamente severe sanzioni economiche contro l'Iran, che erano state revocate in cambio di restrizioni al suo programma nucleare".