Mafie e corruzione ormai sono divenute pervasive e interessano i vari livelli delle istituzioni pubbliche e private. Sono fenomeni criminali che hanno portato la società civile verso l’assuefazione! Ci siamo abituati a tollerarle senza rendercene conto e senza voler reagire. Per questo, sarebbe importante adottare misure preventive e repressive serie e a lungo termine perché non si può pensare di debellare questi virus nel breve periodo.  

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) i controlli e la repressione della corruzione e delle infiltrazioni mafiose non è contemplata. Non crede sia una grave mancanza? 

Una gravissima mancanza. Servono controlli e monitoraggi continui e costanti per evitare che tali risorse finiscano in mani criminali. Le infiltrazioni avverranno ovunque sia possibile anche nei piccoli Comuni del Sud e del Nord. L’attuale livello di guardia è troppo basso. C’è di fatto una fase di stallo della lotta alle mafie ed alla corruzione. Il moderno crimine organizzato oggi è transnazionale, non si insedia più soltanto nei territori d’origine, ma trova terreno fertile e proficuo anche a livello nazionale ed europeo dove individua le imprese in difficoltà e a buon mercato e se ne appropria con nuove metodologie criminali che prevedono la permanenza nell'azienda degli attuali proprietari in modo da garantire la copertura di legalità alla stessa. La corruzione è il grimaldello necessario per aprire i varchi dell’accesso ai fondi europei e le mafie avendo immense risorse economiche se ne serviranno per accaparrarsi parte delle risorse del Pnrr.


Cosa ne pensa della reintroduzione dei benefici penitenziari ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione? 

La norma che impediva i benefici ai condannati per corruzione è una forma di repressione che estende una regola già esistente per i delitti di mafia.  Affievolire la risposta punitiva sui delitti contro la pubblica amministrazione nel Paese più corrotto in Unione europea può essere un segnale di apertura alla malavita organizzata che ha già messo gli occhi da tempo sulle risorse del Piano di resistenza e resilienza. Attenzione al rischio di passaggio dalla troppo restrittiva “spazza-corrotti” alla troppo blanda “salva-corrotti”.


Perché il binomio mafia-corruzione è così pericoloso?

Le nuove mafie hanno compreso che ridurre il tasso di violenza le rende maggiormente invisibili e la fa scomparire persino dal dibattito politico. Lo Stato e la società civile si stanno dimenticando della loro esistenza. Le mafie silenti purtroppo per noi sono le più pericolose e le più letali ed utilizzando i metodi corruttivi arrivano dove in passato non arrivavano neanche con la violenza.  Su quest’ultimo aspetto credi sia necessaria una riflessione profonda di politica criminale.


L’attuale Governo vorrebbe abolire il delitto di abuso d’ufficio e il traffico di influenze, lei cosa ne pensa?

Il legislatore ha il compito di creare la norma penale con il fine di ottenere i migliori risultati nella lotta contro il crimine. Dovrà pertanto selezionare tutte quelle condotte che riterrà necessitino di essere penalmente perseguibili e quindi utili per meglio tutelare la società dalla commissione di specifici reati. Una volta individuato quest’elenco di reati, tutto ciò che resterà fuori andrà automaticamente depenalizzato. Sull’abuso d’ufficio credo che l’ultima riforma lo abbia talmente svuotato del suo contenuto che abrogarlo o riformarlo poco cambierebbe. Nonostante ciò, non sono favorevole alla sua abrogazione. Il delitto di traffico di influenze è stato introdotto nel nostro ordinamento penale da una precisa normativa internazionale ratificata dall'Italia. Abrogarla vorrebbe dire violare una norma europea ed esporsi alle relative censure. Sono contrario alla sua abrogazione perché spesso la fattispecie incriminatrice preannuncia condotte corruttive, quali la promessa di intervenire su un pubblico ufficiale in cambio di un’utilità. La norma andrebbe adeguata agli usi che le mafie potrebbero fare proprio di quei comportamenti relativi al traffico di influenze.


Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.