Mentre ancora si discute dei probabili effetti del cambio climatico sulla terribile inondazione che ha sconvolto Germania Belgio e Paesi Bassi, con centinaia di vite e miliardi di euro di danni, sembra assai attuale un recente libro frutto della fantasia degli autori, che analizza quello che potrebbe essere la geografia del nostro paese nel 2786, esattamente mille anni dopo il viaggio di Goethe in Italia, analizzando gli effetti devastanti che l’inquinamento provocato dall’uomo, potrebbe produrre sul nostro paese, che in questi anni sta dimostrando tutta la sua enorme fragilità morfologica e geografica.
Per farci riflettere sui rischi concreti a cui potremmo andare incontro, il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani e il geografo Mauro Varotto, nel loro libro Viaggio nell’Italia dell’antropocene, edito da Aboca, infatti, hanno immaginato come si trasformerà l’Italia proiettandoci, in maniera distopica, nell’anno 2786.
Esattamente 1000 anni dopo l’inizio del viaggio in Italia di Goethe, comincia così il tour di Milordo a bordo del battello Palmanova attraverso la geografia visionaria del nostro futuro: la Pianura padana sarà quasi completamente allagata; i milanesi potranno andare al mare ai Lidi di Lodi; Padova e tantissime altre città saranno interamente sommerse; altre ancora si convertiranno in un sistema di palafitte urbane; le coste di Marche, Abruzzo e Molise assumeranno l’aspetto dei fiordi; Roma sarà una metropoli tropicale; la Sicilia un deserto roccioso del tutto simile a quello libico e tunisino.
Tappa dopo tappa, al viaggio di Milordo farà da contraltare l’approfondimento scientifico che motiverà, con dati e previsioni, le ragioni del cambiamento territoriale – illustrato, per l’occasione, con una serie di mappe dettagliatissime create da Francesco Ferrarese.
Uno scenario giudicato per fortuna ancora irrealistico, ma utile per farci capire che l’assetto ereditato del nostro Paese non è affatto scontato e che la responsabilità di orientarlo in una direzione o nell’altra è tutta nostra.
L’idea del libro nasce da una mappa realizzata nel 1940 dal geografo Bruno Castiglione oggi esposta nella Sala dedicata al Clima del Museo di Geografia dell’Università di Padova. Un mappa che, come racconta Varotto, uno degli autori «rappresenta due Italie molto diverse: un’esile silhouette peninsulare nella fase finale del Pliocene, risalente a 2,5 milioni di anni fa, quando la Pianura Padana ancora non esisteva e al suo posto si trovavano le calde acque tropicali del golfo pliocenico padano, e una più tozza conformazione corrispondente alla fase fredda dell’ultimo massimo glaciale, intorno a 20.000 anni fa, quando la costa adriatica si chiudeva all’altezza di Ancona».
Una mappa capace oggi più che mai di spiegare come ciò che chiamiamo Italia sia «stata nei millenni estremamente mobile, per ragioni tettoniche, morfogenetiche, climatiche, e in ultimo anche antropiche, dal momento che oggi ci troviamo alle soglie di una nuova era, l’Antropocene, in cui è l’uomo stesso a modi care sensibilmente gli equilibri ereditati, con una accelerazione inedita verso una nuova fase calda planetaria».
Il protagonista del libro, a bordo del battello Palamanova, comincia così un viaggio lungo una penisola completamente cambiata rispetto a quello che è oggi la composizione morfologica del suo territorio. Tutto ciò perché ormai la fusione completa delle calotte glaciali continentali avrà portato il livello del mare a salire di 65 metri, rimodellando profondamente la fascia costiera del Bel Paese, facendo sparire ogni litorale e pianura interna, e trasformando il nostro stivale in un esile penisola rugosa, aspra e soffocante.
Il protagonista a bordo del suo battello assiste da lontano alla vista della cima del campanile di San Marco, che spunta da una citta come Venezia ormai completamente sommersa dal mare sopra Venezia, così come succede alla punta del Torrazzo di Cremona.
Altre città, raggiunte in modo meno drammatico dal salire delle acque, sono arretrate smontando e rimontando i loro monumenti, magari su palafitte tecnologiche, divenendo una serie di nuove Venezia. La popolazione proverà a rifugiarsi sulle Alpi, ma anche lì la temperatura renderà quasi intollerabili le estati e, a causa del totale scioglimento dei ghiacci, che già oggi, avrebbe raggiunto ormai la media del 2% all’anno.
La costiera marchigiana sarà punteggiata di fiordi, così com’è oggi quella norvegese e treni pneumatici subacquei metteranno in contatto le cittadine sovrastanti. Le nostre produzioni locali – così come la loro varietà – saranno un ricordo, rimpiazzate da essenze tropicali; lo stesso varrà per i pesci, con le specie mediterranee ormai estinte, in mari sempre più acidi che se andrà bene accoglieranno banchi di barracuda e meduse.
Certo come spiegano gli stessi autori questo è frutto della loro grande fantasia, ma supportato da dati e statistiche scientifiche. Ad ogni capitolo di narrazione, infatti, ne segue uno puntualissimo di spiegazione scientifica, che ci consente di capire passo passo le ragioni che saranno causa della trasformazione di ogni singola parte del territorio, dalle Alpi alle coste del Sud.
Insomma se gli allarmi che le devastazioni sempre più frequenti di inondazioni e tempeste, che stanno rendendo il nostro clima sempre più simile a quello delle latitudini tropicali, non bastano, questo libro può essere assai utile per riflettere sulla necessità di fare qualcosa per evitare che il nostro pianeta presto diventi un luogo sempre meno ospitale per il genere umano.