Economia

Marchionne è ancora vivo, ma è già un santo. Ma siamo proprio sicuri che sia così?

Le condizioni di salute di Sergio Marchionne, stando alle dichiarazioni ufficiali di FCA, sarebbero talmente gravi da far supporre che sia in punto di morte. Come accade in casi simili, i media ne hanno riproposto il percorso professionale in Fiat e FCA, descrivendolo come se la sua biografia fosse l'agiografia di un santo.

Ma è proprio così? Nelle ricostruzioni dei media, per la quasi totalità, si è parlato di quanto sia stato bravo Sergio Marchionne e di quanto bene abbia fatto alla sua azienda e ai suoi azionisti durante la sua gestione. Assolutamente vero. Ci sono però alcuni passaggi che meriterebbero di essere ricordati.


Nel giugno 2009, Marchionne conferma agli operai di Termini Imerese che lo stabilimento siciliano rimarrà aperto, producendo la Lancia Ypsilon fino al 2011. Negli anni a venire la produzione sarebbe stata diversa da quella automobilistica e per questo, aggiungeva, si sarebbe dovuto rivedere l'accordo di programma.
Nel gennaio 2010, durante il suo intervento all'Automotive News World Congress organizzato al Renaissance Center di Detroit, Sergio Marchionne cambia idea e dichiara irrevocabile la chiusura della fabbrica siciliana: "Su Termini Imerese la decisione è irreversibile, lo stabilimento sarà chiuso nel 2012".
Il 26 novembre 2011 viene ufficializzata la chiusura della trattativa sulla parte economica riguardante gli incentivi alla mobilità per i lavoratori dello stabilimento di Termini Imerese, che viene chiuso definitivamente il 31 dicembre 2011.


E la vicenda del referendum Fiat che nel gennaio 2011 imponeva nuovi turni e pause ridotte per i dipendenti? Era un referendum prendere o lasciare. Se i lavoratori non avessero votato sì alle condizioni imposte dall'azienda, Marchionne aveva minacciato di chiudere gli stabilimenti in Italia. Quel referendum è stato soprattutto un referendum contro il sindacato, la Fiom in primis, per ricordare alle parti sociali e ai lavoratori chi avesse il coltello dalla parte del manico. Nella fase di trattative, la Fiom non aveva negato alcuna possibilità per rivedere gli accordi per modificare la produzione, anche in base ad esperienze già fatte con altre aziende. Ma l'obbiettivo vero di Marchionne era di far vedere che i sindacati non contavano più, specialmente la Fiom.


E così i metalmeccanici della Cgil sono costretti ad adire alle vie legali per far valere i propri diritti. E nell'ottobre del 2012 la Corte d’appello di Roma impone il reintegro (con la riassunzione) nello stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco di 145 lavoratori iscritti alla Fiom, che altrimenti non sarebbero stati più riassunti.


Ma Marchionne non guarda in faccia a nessuno per fare utili e migliorare i ricavi di Fiat e va a produrre la 500 in Serbia - grazie a sconti fiscali e regalie di ogni genere dell'allora governo locale - dove paga gli operai 300 euro al mese. Produzione che si va ad aggiungere a quella di altri stabilimenti nella ex Europa dell'est, come la Polonia. Una situazione singolare. La Fiat, marchio italiano, finisce così per produrre la maggior parte delle proprie auto fuori dei confini del nostro Paese. Pure nel Regno Unito, che non ha più marchi di auto propri, si producono più vetture!


Ma Marchionne non ha finito la sua rivoluzione negli interessi di Fiat e Chrysler, così nasce FCA, che trasferisce la sede legale in Olanda e quella fiscale nel Regno Unito. La Fiat continua ad esistere solo come marchio, ma non è più italiana. Inutile dire quanti soldi abbia speso l'Italia per Fiat, per la sua espansione e per i suoi numerosi salvataggi... Il passato non conta. Marchionne saluta il nostro Paese, senza neppure ringraziare.

Ma Marchionne non ha fatto nulla di positivo? E come no! I ricavi del gruppo sono passati dai 47 miliardi di euro nel 2004 ai 141 miliardi di euro nel 2017 con i fatturati di FCA, CNH Industrial e Ferrari. E mentre nel 2004 Fiat perdeva 1,5 miliardi di euro, nel 2017 ne guadagnava 4,4. Infine, se la capitalizzazione in borsa nel 2004 era di 5,5 miliardi di euro, adesso, comprendendo le società nate dagli spin off, è di circa 60 miliardi di euro. E come non applaudire Marchionne... da parte della famiglia Agnelli e da parte dei principali azionisti del gruppo! Di ragioni ne hanno da vendere.

Quello che resta da capire è che cosa, in tutto quello che Marchionne ha fatto per la Fiat, per gli Agnelli e per se stesso, ci abbia guadagnato l'Italia e ci abbiano guadagnato gli italiani. Questo nell'agiografia di Marchionne pubblicata nelle scorse ore non è stato detto.

Autore Alberto Valli
Categoria Economia
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