I politici dopo aver riformato i magistrati perché non riformano anche se stessi?
"Una riforma del Csm era attesa, ora ci riserviamo di approfondire i testi quando il provvedimento arriverà all'esame del Parlamento. Il testo è molto tecnico e necessita una dovuta riflessione prima di un varo definitivo.Italia Viva lavorerà a subemendamenti agli emendamenti governativi appena varati, affinché si giunga ad una riforma che superi in via definitiva i problemi e le aberrazioni fin qui riscontrati.Noi siamo sempre stati per linea dura e per uno stop alle porte girevoli tra magistratura e politica: il magistrato che entra in politica, che sia candidato alle elezioni o che abbia ruoli di governo, deve essere posto fuori giurisdizione. E, a quanto emerge, il testo sembra andare in questa direzione.Con la decisione di dare la parola al Parlamento è stato accolto l'invito del Presidente della Repubblica, ora è nostro compito non solo fare presto, ma fare bene."
Questo è quanto ha dichiarato Lucia Annibali, Italia Viva, a commento della riforma del Csm varata ieri dal Governo e applaudita, almeno finora, da tutti i partiti della maggioranza.
Un'esigenza, quella di rivedere il metodo di composizione del Csm, sentita da tutti i partiti per una questione di trasparenza e credibilità. Ed in relazione a ciò i politici di tutti i partiti hanno gioito sottolineando come fosse poco attendibile, in teoria, il giudizio di un magistrato che precedentemente fosse stato eletto, ad esempio, alla Camera o al Senato.
D'altra parte, considerando le innumerevoli inchieste di carattere penale in cui i parlamentari italiani sono stati e continuano ad essere coinvolti... c'è da capirli: un parlamentare "fascista" o "iperliberista" non vorrà esser giudicato da un giudice "comunista"... e viceversa!
Allora ben venga la riforma del Csm... è una questione di etica.
Non si capisce però perché, in tema di etica, i parlamentari non sentano il bisogno di fare riforme ancor più impellenti che li riguardano direttamente.
Infatti, se per un giudice, con il cosiddetto meccanismo delle porte girevoli, vi è un possibile conflitto d'interessi nel riprendere la carriera di magistrato dopo essere stato eletto in Parlamento, non si capisce perché, ad esempio, un avvocato possa continuare a svolgere la sua professione mentre ricopre il ruolo di deputato o senatore... per due motivi.
Il primo, perché prende lo stipendio da parlamentare svolgendo un lavoro pagato dallo Stato: se è proibito per un impiegato del Comune svolgere un doppio lavoro, perché dovrebbe essere consentito ad un parlamentare che oltretutto dovrebbe essere d'esempio alla nazione?
Il secondo riguarda un palese conflitto d'interessi. Se un avvocato promuove una legge che può essere utile ad un cliente di cui cura gli interessi, come è possibile avere la certezza, da parte di chi lo ha eletto, che quella legge sia utile anche agli interessi del Paese?
Ma di questo i politici non sembrano preoccuparsi. Strano... eppure il problema non è certo diverso da quello che caratterizza la riforma del Csm e la sua portata, sicuramente più vasta.
Lo stesso problema si pone anche per i vari conflitti d'interesse come quelli che riguardano, ad esempio, le numerose carriere professionali di Matteo Renzi che vende la sua presunta capacità di influenzare le decisioni del governo con l'attività di lobbista a favore di Stati esteri. Normale? Mica tanto... ma di questo la politica non sembra preoccuparsene.
Eppure il problema è persino peggiore di quello indicato che riguardava il Csm.