Italia in crisi, il ruolo delle Associazioni
La forza di Giuseppe Conte e Giorgia Meloni (con il solito PD 'di lotta e di governo' sullo sfondo) sono nel cuore degli elettori che vorrebbero un'Italia sovranista in salsa ungherese o polacca.
C'è un'Italia 'trasversale' che immagina il mondo come se ancora vivessimo negli Anni '60, quando avevamo decine di migliaia di enti pubblici, residuo del Fascismo, del Dopoguerra, delle Corporazioni e… del Clientelismo.
Parliamo – ad esempio – del 5xmille che versiamo oggi a 60.000 soggetti fiscali privati per realizzare 'interventi' nel settore ambientale, culturale, sociale e sanitario, tra cui tantissime Associazioni per uno scopo, che da oltre 20 anni non sono sottoposte dalle Regioni a controlli.
Associazioni che poggiano su un bisticcio normativo, se per il codice civile rappresentano solo i soci e rispondono solo ad Assemblea e Statuto, mentre per le norme del III Settore sono assimilati a rappresentanza di settore, anzi quasi ad una pubblica amministrazione.
Un elettorato che si associa per partecipare direttamente ai Tavoli regionali del sociosanitario, come è in Comitati e Commissioni apicali, ma non punta il dito verso chi da 20 anni non ha creato una struttura di Servizi Domiciliari adeguata, non ha individuato Presidi e Percorsi per prendere in carico le malattie rare, non ha informatizzato e non fornisce neanche i dati su organigrammi e servizi, non garantisce i LEA e i servizi territoriali.
Anzi, abbiamo visto come per 20 anni le Regioni hanno tagliato di tutto senza che tanti progetti UE attecchissero stabilmente e poi hanno preferito raccontare che la colpa a … chi “paga” il conto a fine anno, cioè Stato e contribuenti.
Ma è negli Annali di bilancio dello Stato che era al default il debito accumulato da Lazio o dalla Sicilia nel 2011, senza ampliare e ammodernare i servizi, all'epoca, e senza rinnovare o avvicendare la rappresentanza politica e sociale, oggi.