Dopo le valutazioni etiche espresse martedì dal Papa sulla povertà, oggi l'Istat pubblica quelle relative ai numeri che in Italia caratterizzano il problema.
Nel 2021, sono in condizione di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale dal 7,7% nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (il 9,4% come l'anno precedente).
Pertanto, la povertà assoluta conferma sostanzialmente i massimi storici toccati nel 2020, anno d'inizio della pandemia dovuta al Covid-19.
La causa di questa sostanziale stabilità è imputabile a diversi fattori; in particolare, a un incremento più contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti (+1,7% per il 20% delle famiglie con la capacità di spesa più bassa, ossia la quasi totalità delle famiglie in povertà assoluta) che non è stato sufficiente a compensare la ripresa dell’inflazione (+1,9% nel 2021), in assenza della quale la quota di famiglie in povertà assoluta sarebbe scesa al 7,0% e quella degli individui all’8,8%.
Le famiglie in affitto residenti nel Mezzogiorno mostrano valori dell’incidenza di povertà assoluta pari al 22,4%, rispetto al 17,6% del Nord, con valori sostanzialmente stabili sul 2020, e al 15,4% del Centro (+3,1 punti percentuali).
Per la povertà relativa l'incidenza sale all'11,1% (dal 10,1% del 2020) e le famiglie sotto la soglia sono circa 2,9 milioni (2,6 milioni nel 2020).
Nel 2021, l’incremento relativamente contenuto della spesa delle famiglie meno abbienti e la crescita più consistente per le famiglie con alti
livelli di consumo (che, al contrario, nel 2020, avevano registrato riduzioni più marcate) favoriscono un aumento generalizzato dell’incidenza di povertà relativa, ampliando la distanza tra le famiglie che spendono di più e quelle che spendono di meno.
L’intensità della povertà relativa si attesta nel 2021 al 21,7%, in linea con il valore del 2020 (21,4%), raggiungendo il valore più elevato nel Sud (23,2%) e il più contenuto nel Nord-est (18,6%).