Gantz ha formalizzato con un giorno di ritardo le dimissioni annunciate da tempo
Domenica, con un giorno di ritardo, Benny Gantz ha annunciato le proprie dimissioni dal gabinetto di guerra creato da Netanyahu a supporto della guerra da lui scatenata a seguito dell'attacco del 7 ottobre.
Il 18 maggio scorso, Gantz aveva presentato a Netanyahu la bozza di un piano per stabilire che cosa fare a Gaza a guerra finita. Il premier israeliano avrebbe dovuto confermare, rimodulare o ripresentare una sua proposta al riguardo, in modo da far sapere al suo Paese e alla comunità internazionale quali siano le sue intenzioni.
L'ultimatum fissato da Gantz era per l'8 giugno. Netanyahu non ha fornito alcuna risposta e Gantz, con un giorno di ritardo per non sovrapporsi alla "celebrazione" della liberazione da Gaza di quattro prigionieri palestinesi, ha annunciato una conferenza stampa in cui ha comunicato le proprie dimissioni e il voto anticipato, affermando che:
"Netanyahu ci sta impedendo di avanzare verso la vera vittoria".
Una settimana fa, il presidente americano Joe Biden, in una intervista al Time, aveva detto che vi sono tutti i motivi per l'opinione pubblica di credere che Netanyahu stia prolungando la guerra a Gaza in ragione della propria sopravvivenza politica. Gantz, in forma molto più sfumata, non ha detto nulla di così diverso.
Il suo partito, alla Knesset, fa parte del gruppo degli oppositori, quindi le sue dimissioni dal gabinetto di guerra non possono creare, dal punto di vista politico, particolari scossoni per quanto riguarda la possibilità per Netanyahu di rimanere in carica.
Semmai, dal punto di vista pratico, non essendoci più Gantz a moderare le scelte del premier su come condurre la guerraa Gaza, non è da escludere che il genocidio in atto nella Striscia non solo non finisca, ma diventi ancor più cruento di quanto non lo sia stato finora.
Il segretario di Stato Blinken, questa settimana, è nuovamente in Medio Oriente a supportare l'accettazione da parte di Hamas del piano di pace annunciato da Biden una decina di giorni fa, facendo pressione sui leader dei Paesi arabi, dimenticandosi però di chiedere a Netanyahu quale sia la posizione di Tel Aviv.