Il caso curioso di Acciaierie d'Italia che applaude all'esito dell'udienza del 13 maggio 2021 al Consiglio di Stato che, a seguito della quale, ha disposto l'annullamento della sentenza del TAR di Lecce n.249/2021, facendo così decadere le ipotesi di spegnimento dell'area a caldo dello stabilimento di Taranto e di fermata degli impianti connessi, la cui attività produttiva proseguirà con regolarità.

Nonostante ciò, a seguito dell'incontro tra le organizzazioni sindacali e i vertici di ArcelorMittal di mercoledì 23 giugno, l'azienda ha confermato di voler procedere con la procedura di una nuova cassa integrazione per altre 4.000 unità. 

L'azienda, facendo leva su un ridotto mercato dell'acciaio, ha inoltre espresso l'intenzione di non far ripartire Afo 4 e Acciaieria 1 e tutte le manutenzioni centrali, prospettando dunque un lungo periodo di fermo degli impianti e un costante ricorso alla cassa integrazione.

Secondo i sindacati, tutto ciò costituirebbe una specie di messa in scena per arrivare a dimostrare che gli esuberi strutturali del primo piano industriale presentato da Arcelor Mittal, che prevedeva un massimo di 5.000 dipendenti a fronte di 6 milioni di tonnellate di acciaio all'anno, non erano un assurdo in sé.

E mentre gli impianti cadono a pezzi mettendo a serio rischio la vita dei lavoratori, che potrebbero essere impiegati per la loro manutenzione, Acciaierie d'Italia comunica di essere pronta a presentare già dalla prossima settimana, insieme con i suoi partner industriali Fincantieri e Paul Wurth  (ex Italimpianti), la propria proposta di piano per la transizione ecologica dell’intera area a caldo dello Stabilimento di Taranto!