Partito in missione in Afghanistan, durante la "Enduring Freedom", ed in forza ai rangers degli Alpini Paracadutisti, non avrebbe mai immaginato che dopo il suo rientro nel 2004, la sua vita sarebbe cambiata per sempre. Antonio ha raccontato la sua storia al "Mattino".
La sua è la storia di un militare che si trova a combattere due battaglie: una contro la contaminazione da uranio impoverito, e l'altra quella contro il Ministero della Difesa per avere assistenza. Da quando si è ammalato infatti è stato lasciato solo.
Antonio Attianese di Sant'Egidio Monte Albino, 38 anni, sposato, due figli, ranger in congedo del 4° Reggimento Alpini al rientro da quella missione, aveva iniziato a stare male. Gli erano state riscontrate tracce di sangue nelle urine, e la diagnosi definitiva non lasciava nessuna via di scampo: "tumore alla vescica causato da un'esposizione a un inquinamento ambientale contenente polveri di acciaio e tungsteno". Il tungsteno è il metallo presente nelle munizioni. Antonio si è dovuto sottoporre a più di 35 interventi chirurgici e a circa 100 ricoveri in ospedale.
Dopo il primo intervento, gli viene asportata la vescica ed un rene che lo costringono ad utilizzare una sacca per contenere le urine. Le spese per le cure e per i ricoveri ospedalieri sono tutte a carico di Antonio, che nel 2005 scopre l'esistenza di una circolare dello Stato Maggiore dell'Esercito, la 65/84 che "prevede il monitoraggio del personale delle forze armate affetto da grave patologia, l'assistenza in campo sanitario, amministrativo, spirituale, psicologico morale e materiale a favore dei militare e dei loro familiari".
Il militare chiede che questa circolare venga applicata. Ma la risposta dell'amministrazione del suo reparto è negativa. Come se non bastasse, Antonio viene chiamato a rapporto da tre dei suoi superiori, si teme infatti che l'immagine del reparto possa venire screditata a causa delle sue richieste e del collegamento tra il carcinoma, l'uranio impoverito e le missioni militari.
Antonio non si arrende, e nonostante venga abbandonato dalle istituzioni militari, come riporta "Il Mattino", riesce ad ottenere il riconoscimento della causa di servizio dal Tribunale militare di Roma, una sentenza in attesa da ben 13 anni. Ma da buon Alpino Antonio non si arrende. E riuscirà sicuramente a vincere la sua battaglia contro chi doveva proteggerlo e invece l'ha lasciato solo.
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