«Va ribadito stasera dinanzi all’ennesimo bollettino di guerra che restituisce il computo odierno di lavoratori morti sul lavoro. Non esistono morti bianche. Quando c’è un incidente sul lavoro, lì c’è una responsabilità. C’è un mancato controllo, una mancata formazione, una mancata consapevolezza sugli strumenti a disposizione, una mancata tutela.Non abbiamo bisogno di nuove leggi ma di più investimenti su prevenzione e vigilanza, più rispetto delle norme, più attenzione e controlli, più cultura della tutela del lavoro. C’è bisogno di più formazione delle lavoratrici, dei lavoratori, degli addetti alla sicurezza e di chi, indicato dalle organizzazioni di categoria, svolge il delicato compito di vigilare garantendo il rispetto delle norme.Non possiamo alimentare il conflitto tra salute e lavoro, perché è questo il messaggio che arriva da quanto continua ad accadere drammaticamente.Ogni morte dice che c’è una cosa che si doveva fare e non è stata fatta ed una cosa che è stata fatta e non si doveva fare. La tutela della sicurezza non equivale a qualche crocetta su qualche foglio, ma ad assumere pienamente la responsabilità nei confronti della vita. E questa è una responsabilità che sfida tutti».

«Nelle ultime 48 ore ci sono stati 11 incidenti mortali sul lavoro. Un numero impressionante, inconcepibile per un Paese come il nostro che dovrebbe mettere la sicurezza sul posto di lavoro in primo piano.La ripresa economica italiana è evidente e addirittura sopra le aspettative, e di questo non possiamo che essere soddisfatti. Questo, però, non deve far passare in secondo piano altre urgenze come lo è il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. La ripartenza economica non deve corrispondere a un ridimensionamento delle norme di sicurezza. Non ce lo possiamo permettere.Bene quindi che il Governo sia intervenuto sul tema annunciando pene più severe per chi non rispetta le norme, ma anche “una collaborazione interna alla fabbrica e all’azienda per l’individuazione precoce delle debolezze in tema di sicurezza sul lavoro».

Le precedenti dichiarazioni, delle ultime ore, sono state rilasciate, rispettivamente, da Teresa Bellanova e Marco Di Maio. La prima senatrice, il secondo deputato, entrambi appartenenti a Italia Viva, il partito personale di Matteo Renzi.

Perché riportare le loro dichiarazioni a commento delle morti sul lavoro che in questi giorni sono tornate alla ribalta della cronaca? Perché il loro nume tutelare, in senso politico, Matteo Renzi è il responsabile della "controriforma" del lavoro, meglio nota come Jobs Act:

«Nonostante declamata per porre fine al dualismo delle differenze di tutela tra precari e occupati (cd. outsiders e insiders), la pseudo riforma designata insipidamente Jobs Act ha mancato il suo dichiarato obbiettivo, raggiungendo solo quello, evidentemente interiormente nutrito senza palesi esternazioni dal premier e dalla compagine maggioritaria dei partiti di governo, della riduzione dei diritti del lavoro culminati nella liberalizzazione dei licenziamenti. Deliberatamente scegliendo la soluzione più favorevole per le esigenze datoriali di evitamento della  parificazione delle tutele dei precari neoassunti a quelle degli occupati in regime di stabilità reale (fruitori della reintegra in caso di licenziamento ingiustificato) e riservando ad essi -  qualora neo assunti con un contratto a tempo indeterminato posteriormente alla vigenza dei decreti attuativi della riforma - un trattamento deteriore rispetto ai già occupati, altro non ha fatto che  porre in essere un nuovo dualismo,  sub specie di lavoratori di serie A e di serie B (anche se ci sono note  le onerosità della cd. parificazione immediata al rialzo, esse sono insuscettibili di costituire un esimente alla soluzione deteriore prescelta).Mentre riteniamo che il trattamento duale abbia scarse probabilità di sfociare nell'accoglimento di ventilate questioni  di costituzionalità,  esprimiamo il sicuro avviso che il nuovo dualismo  differenziante lavoratori occupati e neo assunti con il cd. contratto a tutele (economiche) crescenti determinerà, invece, la disincentivazione della mobilità dei lavoratori, costretti a permanere ingessati sulle posizioni di lavoro già occupate, giacché spostandosi verso altre e più appetibili realtà aziendali perderebbero il pregresso ruolo di "occupati", scadendo in quello di neo assunti destinatari delle deteriori tutele indennitarie, per l'evenienza di un licenziamento ingiustificato. Poca valenza ha, al riguardo, la notazione/suggerimento  da taluno prospettata, in ordine alla pur sempre sussistente possibilità del lavoratore - in caso di nuova assunzione per dimissioni  dalla precedente azienda - di pattuire con l'azienda acquirente un trattamento convenzionale garante del mantenimento delle antecedenti condizioni e tutele normative di stabilità reale (la reintegra),  argomentando sulla carenza nell'ordinamento lavoristico di un divieto di pattuizione di trattamenti in melius dello standard offerto dalla nuova disciplina. E' evidente che  tali pattuizioni possono essere poste in essere  da parte di lavoratori con alta professionalità ed elevata specializzazione, cui si coniuga solitamente un forte potere contrattuale, mentre nella normalità dei casi la conservazione, in via convenzionale, delle precedenti condizioni normative non ha luogo o è rimessa alla benevolenza datoriale»...

Quello sopra riportato è solo un breve passaggio di un  articolo pubblicato sul sito Altalex, in cui si definisce così la riforma del lavoro voluta da Renzi e osannata dai suoi parlamentari: Jobs Act ovvero la riduzione delle tutele del lavoro.

A questo punto, forse, Matteo Renzi, Teresa Bellanonova, Marco Di Maio... e tutto il codazzo dei devoti a supporto del senatore di Rignano qualche domanda sulla possibilità che il Jobs Act sia in parte responsabile dell'aumento dei morti sul lavoro dovrebbero iniziare e porsela, prima di parlare.

L'ipocrisia è una problema che riguarda tutti, ma per i politici è un problema che alla lunga finisce per essere devastante, nonostante il supporto della propaganda e dei media amici che evitano accuratamente - come accade per i renziani - di mettere il dito nelle numerosissime piaghe di cui sono responsabili.

Pertanto, quando i renziani decidono di parlare di morti sul lavoro, che prima facciano un bell'esamone di coscienza... e poi rimangano in silenzio!