L’Istat, con il Rapporto annuale 2025 presentato il 21 maggio, fotografa il disagio di un Paese sempre più vecchio, sempre più povero, sempre più indebitato e con evidenti disuguaglianze. In particolare, i salari reali sono scesi del 10,5% e conseguentemente è diminuito il potere d’acquisto. La povertà assoluta colpisce l’8,4% delle famiglie e sale al 12,4% tra quelle con figli. Il rischio povertà è al 23,1%. Il lavoro povero è un fenomeno strutturale ed i giovani laureati fuggono all’estero. La crescita economica resta debole e la produzione industriale si contrae. Si continua a rinunciare alle cure sanitarie e peggiora l’accessibilità ai servizi. Le disuguaglianze territoriali continuano a influenzare le opportunità occupazionali e reddituali dei giovani. Il 2.o rapporto Cida-Censis, presentato il 22 maggio, segnala il disagio del ceto medio ricco per il fisco ma povero per costruire il futuro, escluso dal welfare, ignorato nei riconoscimenti. In particolare, la pressione fiscale viene percepita come eccessiva e iniqua, soprattutto per chi lavora, produce, risparmia, investe. Solo il 52% si sente protetto da reti di welfare, gli altri oscillano tra ansia, incertezza e vera e propria insicurezza. Il 70% degli italiani chiede meno tasse sui redditi lordi, e oltre l’80% denuncia un grave squilibrio tra ciò che si versa e ciò che si riceve in termini di servizi pubblici. Il 67% delle famiglie di ceto medio con figli conviventi sostiene spese straordinarie per garantire un futuro ai figli, mentre oltre il 41% (il 47% dei pensionati) aiuta economicamente figli e nipoti confermandosi come primo ammortizzatore sociale del Paese. E’ la tassa che Istituzioni e Politici girano ai contribuenti per avere rimediato alla mancanza di soldi con sempre più debito. Per riuscire a spendere senza aumentare le tasse hanno utilizzato il debito come integratore ordinario delle entrate. Ma il debito è una tassa differita con immediato effetto incrementale degli interessi. E gli interessi vanno pagati (con le società del rating e con lo spread non si scherza!) anche se creano povertà e disagio ed impoveriscono. I danni denunciati dall’Istat e dal Censis sono quindi inevitabili (“è il frutto del lavoro serio e silenzioso” -della “seria e responsabile politica di bilancio” premiati da Moody’s il 24 maggio con l’outlook positivo ma con debito sempre Baa3, un gradino sopra alla spazzatura)  e sono destinati ad aggravarsi se Istituzioni e Politici non si accorgono che non hanno mai soldi sufficienti in cassa perché troppi contribuenti possono impunemente decidere di non contribuire (e ovviamente non contribuiscono) cioè, se non si accorgono che mancano sempre i soldi perché da sempre vengono impunemente fregati. Non si sono ancora accorti che il Ministro dell’economia, quando piazza sul banchetto i ponderosi saggi ricchi di tabelle-torte-canne d’organo-traiettorie che certificano la mancanza di soldi e lo sforzo per trovarli, dichiara la mancanza di soldi ma aggiunge che i soldi ci potrebbero anche essere se, come Ministro delle finanze, riuscisse ad impedire le continuative impunite ruberie miliardarie all’erario. Basterebbe leggere il focus Dfp (Documento di finanza pubblica, ex Def) sulle strategie – sui risultati del contrasto all’evasione fiscale che richiama la Relazione di misura del tax gap che, a sua volta, richiama o conferma (a seconda della data di pubblicazione) il Report Istat di misura dell’economia non osservata (“noe”). Ma Istituzioni e Politici o non leggono i numeri o non li sanno leggere. Evidentemente sconcertante la sotto-valutazione (conseguente alla disattenta lettura dei numeri) dell’inefficacia dell’impianto di contrasto alla slealtà fiscale sviluppato dai Direttori delle entrate (ed il mancato intervento correttivo per garantirne l’efficacia), perché le maggiori entrate permanenti da contrasto all’evasione fiscale alimentano il Fondo per la riduzione della pressione fiscale sui contribuenti (una promessa di tutti i Governi e da tutti i Governi sistematicamente disattesa) ma, soprattutto, perché i Direttori delle entrate sono i controllori della cinghia di trasmissione-di trasferimento delle risorse alle infrastrutture di produzione - di gestione dei servizi pubblici (e più soldi si lasciano fregare, meno risorse disponibili ci sono).

Il Rapporto sui risultati conseguiti nel contrasto all’evasione fiscale e contributiva compilato dalla Commissione tax gap (coerente con le stime Istat), suggerirebbe di chiedere ai Direttori delle entrate cosa serve ancora per ridurre sensibilmente la rilevanza e la continuità del gettito sottratto ogni anno all’erario.

L’Istat, con i periodici (biennali) Report sull’economia sommersa che sfugge all’osservazione diretta della statistica ufficiale (“noe” – non observed economy), conferma il tax gap misurato dalla Commissione tax gap evidenziando la rilevante continuativa dimensione del Pil free tax (stima ufficiale, peraltro molto riduttiva e svalutata di circa 5-6 punti dal 2009 in base ai nuovi criteri Eurostat-Sec 2010). 

La stima Istat è peraltro riduttiva, come spiega l’Istat nel glossario, perché, ad esempio, non rientrano nelle stime le grandi imprese (con oltre 100 addetti) e le imprese che presentano condizioni di non trattabilità-di esclusione, ed avvalora il falso luogo comune che ad evadere siano solo i lavoratori autonomi-i commercianti, cioè che l’evasione fiscale sia solo un fenomeno di massa per piccole cifre (infatti mancano le grandi cifre dei potenziali grandi evasori-elusori). Il glossario recita: “L’esclusione delle grandi imprese (oltre 100 addetti) dalla procedura di rivalutazione del valore aggiunto sommerso è dettata dal fatto che le evidenze delle analisi sugli accertamenti fiscali indicano che in genere le imprese di più grandi dimensioni adottano comportamenti evasivi complessi con strategie di tax planning che travalicano i confini nazionali. In questo contesto, la stima necessiterebbe di modelli ad hoc (differenti da quelli individuati per le imprese di minori dimensioni). Le condizioni di non trattabilità ed esclusione riguardano: (1) unità per le quali non esiste per definizione il fenomeno della sotto-dichiarazione quali le imprese controllate dalla PA - (2) imprese per le quali non c’è adeguata disponibilità di fonti informative; (3) imprese per cui particolari eventi o lo stato di avviamento impediscono un’efficiente applicazione dei modelli; (4) unità con valori influenzati da specifiche condizioni”. Il Ministro dell’economia Padoan, il 30.9.2014, con il primo Rapporto sulle strategie di contrasto all’evasione fiscale, segnala che la stima dell’evasione fiscale effettiva - complessiva è ben più significativa. Il Rapporto presentato in Parlamento recita: “A livello nazionale, secondo l’Istat, l’entità del valore aggiunto attribuibile ad attività sommersa è stimata, per il 2008, in una “forbice” compresa tra 255 e 275 miliardi di euro, rispettivamente pari al 16,3% e al 17,5% del prodotto interno lordo nazionale. Altri studi nazionali e internazionali utilizzano differenti approcci di natura statistico-econometrica alla stima dell’economia non osservata (Schneider e Klinglmair, 2004; Rogoff, 1998). Una recente pubblicazione della Banca d’Italia ha quantificato (con riferimento al 2005-2008) l’economia “non osservata” in Italia per un valore corrispondente al 27,4% del PIL. In particolare, l’incidenza media dell'economia sommersa ammonterebbe al 16,5%, mentre il restante 10,9%, invece, rappresenterebbe il “peso” di quella illegale. I dati riferiti al solo 2008 sono ancora più preoccupanti: l'economia ‘non osservata’ si attesterebbe al 31,1% (il 18,5% relativo all’economia sommersa ed il 12,6% legato alle attività criminali)”.

Evidentemente Istituzioni e Politici non leggono o sottovalutano i numeri e si accontentano delle chiacchiere. Il Dfp recita: “il risultato del 2024 dall’attività di contrasto all’evasione fiscale rappresenta il valore più elevato registrato negli ultimi anni in termini di recupero di gettito. L’Agenzia delle entrate ha infatti riscosso complessivamente 26,3 miliardi, ovvero 1,6 miliardi in più rispetto al 2023 (+6,5 per cento), che provengono principalmente (per l’87,0 per cento) dalle attività ordinarie che hanno consentito di incassare 22,8 miliardi. In termini di adempimento spontaneo dei contribuenti, ovvero della cd. tax compliance, le stime più recenti del tax gap, pubblicate nell’ultima ‘Relazione sull'Economia Non Osservata e sull'Evasione Fiscale e Contributiva’ mostrano una dinamica di miglioramento significativo nel corso degli ultimi anni e confermano l’efficacia delle azioni di contrasto all’evasione fiscale e contributiva adottate negli anni più recenti, con una riduzione dell’evasione di circa 26 miliardi nel 2021 rispetto al livello di quasi 108,4 miliardi nel 2017 (24,6 miliardi sono riferiti alle sole entrate tributarie)”.

L’ex Direttore delle entrate Ruffini approfitta della mancata lettura dei numeri per autocelebrarsi (l’Agenzia delle entrate è la cinghia di trasmissione dei soldi e li trasmette) e per gettare una sassata a Istituzioni e Politici sbadati lettori dei numeri (se mancano i soldi bisogna guardare a chi li spende). Al Meeting di Rimini del 22.8.2024 spiega che “l’amministrazione finanziaria è la più importante infrastruttura pubblica del Paese perché garantisce risorse a tutte le infrastrutture del Paese. Senza risorse non si possono fare scelte né realizzarle. Possiamo scrivere in Gazzetta che un certo rimborso deve arrivare in quella data ma non succede se poi non c’è l’amministrazione che ci pensa. Il 13.12.2024, nell’intervista con cui annuncia le dimissioni, dichiara: “Ho cercato di fare il possibile affinché, anche grazie alla tecnologia, fosse più facile individuare gli evasori, abbassare la pressione fiscale e così pagare meno tasse. Oggi dal punto di vista tecnico questa possibilità c’è. Comunque, spetta alla politica decidere come e dove spendere le risorse. E se quelle a disposizione aumentano ma i soldi non bastano mai, forse dobbiamo iniziare a porci qualche domanda sul modo in cui vengono impiegati”. I numeri chiosano: da più di un quarto di secolo, lo psicodramma della caccia ai soldi c’è perché Istituzioni e Politici non si sono ancora accorti che i Direttori delle entrate si lasciano fregare (e continueranno a lasciarseli fregare almeno fino al 2027) più soldi di quelli che si affannano a cercare per fare quadrare i conti (senza mai riuscirci).

Obiettivamente sconcertante! Da più di un quarto di secolo, i Ministri dell’economia certificano che mancano sempre i soldi per sintonizzare l’agenda dell’agire politico (devono essere risanati i conti e non si riesce mai a risanarli, se si paga il debito non si possono ridurre le tasse) con l’agenda dei contribuenti(meno tasse ormai insostenibili e più servizi pubblici sempre insufficienti), perché i Direttori delle entrate non riescono ad impedire le ruberie miliardarie all’erario e le Istituzioni - i Politici, da più di un quarto di secolo, non se ne sono ancora accorti e, quindi, non sono mai andati a vedere perché è così difficile riuscire a fare pagare le tasse a tutti nella giusta misura.Obiettivamente imbarazzante non accorgersi che, mentre si stanno affannando per mediamente incassare i circa 40 miliardi all’anno del Pnrr, se ne lasciano fregare da 100 a 200 e, dopo il 2026, continueranno a lasciarseli fregare e non sapranno come-a chi accollare il rimborso dei prestiti Pnrr. Il Presidente delle Istituzioni(e di tutti) Mattarella suona al Cotec di Coimbra,il 14 maggio, il “nessun dorma”. L’eco arriva ai Commissari europei il 22 maggio ed il Presidente Von der Leyen rassicura: "Risponderemo al nessun dorma". I contribuenti sono in attesa che l’eco arrivi anche alle Istituzioni ed ai Politici italiani.